Dominazione, I racconti di Mistress Elvira

Uno “special treat”…

Conosco lo schiavo “amos” da circa una decina di anni oramai. Il nostro rapporto molto particolare è frutto di in un feeling radicato rispetto a una dominazione superficiale. In parte è anche merito di una sua predisposizione nei miei confronti e sua assoluta devozione.  Ha preso sul serio la sua posizione da sottomesso organizzandosi in modo che potessi imporgli i miei ordini in qualsiasi orario della giornata 24 ore su 24, i weekend compresi. 

Tuttavia un giorno mentre puliva lo studio… ha visto una notifica whatsapp sullo schermo del mio telefono… “Mon amour, ho voglia di vederti e… “. Non sopportava proprio quell’uomo e forse da sempre aveva un debole per me. La prima volta che ci siamo visti mi ha guardata come fossi un bocconcino succulento da assaggiare, salvo poi finire immediatamente appeso per le caviglie a testa in giù, tanto per fargli capire chi comanda. Credo proprio che “amos” mi ami immensamente, sebbene abbia famiglia. Nonostante ciò non potevo tollerare un commento inadeguato da parte di un sottomesso, che poi sfociò in una vera e propria scenata di gelosia da parte sua. Ma come osa pretendere anche una benché minima cosa dalla sua posizione! Inaccettabile! Così lo mandai a casa a riflettere sul suo comportamento. Elaborai presto un tremendo trattamento rieducativo.

Ho scelto il silent treatment per circa una settimana, senza considerare tutti i suoi tentativi di scusarsi e riallacciare i rapporti. Solo la mattina dell’ottavo giorno gli mandai un sms piuttosto secco: “Presentati alle 13 da me e portami il pranzo!” Appena arrivato si è messo subito a testa bassa in ginocchio offrendomi il pasto preso da Peck e implorando pietà. Gli ho dato due sberle per ricordargli che doveva spogliarsi immediatamente, quando mai si è visto uno schiavo vestito in abiti ordinari? E poi, io ho sempre adorato prendere a sberle gli uomini. 

Dato che stava impiegando a mio avviso un po’ troppo tempo per spogliarsi, ho impugnato il cane e gli ho dato tre colpi perché si desse una mossa. Dopotutto non è una bestia stupida… lo capirà no? Infatti, in un baleno era totalmente nudo e piegato ai miei voleri. Stava cercando di capire cosa avessi in mente per lui in quel preciso istante. Mi sono seduta alla scrivania e mi sono fatta servire il pranzo. ” Cielo, come mai mi hai portato una birra? Un vino si accompagna meglio al pasto… ah fammi indovinare, avevi ipotizzato che questa bottiglia si sposava meglio con il grado di dilatazione anale raggiunto durante i tuoi giochini in doccia con i barattoli di schiuma da barba? Che previdente la mia puttanella.” Lo schiavo rassegnato chinò il capo e con un filo di voce rispose : “Sì, signora Padrona.” Credo che l’idea di quel trattamento gli sarebbe piaciuta molto, ma io avevo in mente una cosa molto più profonda.

“Adesso girati e raccogli quella busta in plastica che c’è vicino lo scrittoio e portamela.” Lo schiavo obbedì. Io presi la busta e la rovesciai a terra. Conteneva tutte le mie calze, reggicalze e mutandine usate quella settimana in occasioni speciali. “Ora mentre io mi gusto il pranzetto, tu caro mio, laverai a mano tutte queste calze e intimo. Ah fammi anche il piacere di togliere quelle rotte. Sai che il mio amico speciale quando si eccita mi rompe sempre la calza per arrivare al mio piedino molto prima. ” Impagabile l’espressione del mio schiavo in ginocchio a scavare tra quell’ammasso di calze. Lui lo detesta proprio quell’uomo. Ma notai che si stava eccitando molto in quella posizione, nudo, umiliato e geloso… mi sono avvicinata da dietro e gli ho strofinato la punta della scarpa sui testicoli, giusto per sondare il grado di eccitazione. “Ora separa le calze dai reggicalze e dalle mutandine e dividile per colori, poi fai lo stesso con l’intimo. ” L’ho visto un pochino impacciato, così gli ho dato un colpo di cane sulle natiche per motivarlo. Già che c’ero gli ho fatto assaggiare anche un colpo sotto le piante dei piedi. Come con una scarica di defibrillatore quel colpo gli diede di nuovo vita e lo schiavo si trasformò da larva a bestia scattante.

Per comfort personale mi sono accomodata alla scrivania nella stanza accanto, con la visuale che dava al lavandino nel bagno adiacente. Non sapeva da dove cominciare, era proprio penoso. Appartiene a quella categoria di uomini che demanda le faccende scomode e noiose alla moglie. ” Prima di metterle in ammollo annusale, voglio che tu senta i vari profumi o dopobarba di uomini che frequento. Ah attenzione, credo che una o due paia delle calze siano compromesse da umori maschili. Sai mi sono sfilata la calza e l’ho data al mio amico, quello superdotato. Adoro quando si infila la calza sul membro turgido mentre si tocca adorando i miei piedi. Te l’avevo detto che ha il pisello più grande dei miei piedini? Ti devo fare una foto ricordo… ” Questi commenti non lo lasciavano certo indifferente, anzi, era bello nervoso, ma il suo pene continuava a gonfiarsi, con ogni dettaglio piccante faceva un piccolo saltello in su. La situazione era scandalosamente eccitante, direi. “Cosa fai, incapace, ti sembrano ben sciacquate quelle calze, se ci rimane del detersivo io mi irrito, ho la pelle sensibile! Vieni qui!” Si mise davanti alla scrivania, io presi in mano un righello quadrato di vetro e gli diedi tre bacchettate sui palmi delle mani. Mi sa che gli bruciavano parecchio, si è strofinato le mani sui fianchi. “Ora torna al lavoro, sciacquale bene e poi stendile in modo che mantengano la forma della gamba con la riga posteriore di lato e appendile.” Era proprio impacciato nello stendere le calze, forse perché “amos” non è proprio feticista. (Solo al settimo anno mostrò propensione  nel voler vedere il piede della sua padrona. Ultimamente mi chiede sempre di assaggiarlo, ma glielo nego, giusto per il piacere di farlo soffrire.)

Guardai il suo profilo durante i compiti svolti, era deliziosamente maschietto. Finalmente aveva terminato di stendere le calze impiegando una mezz’ora per una faccenda che a me ne porterebbe via al massimo 10 minuti.  Tanto poi l’avrebbe pagata con gli interessi. ” Suvvia “amos” sbrigati, ti rimane solo un’ora, poi hai quella riunione importante in ufficio e io non ti lascio andare senza che tu abbia finito! Nemmeno se mi implori, hai capito?” Ha accelerato notevolmente, ma si era perso a studiare le mie mutandine. “Cosa guardi? Se fai il bravo un giorno te ne regalo un paio così ti ci puoi trastullare nel bagno in ufficio. Ah, ho capito… ti sei stupito perché vedi che mi sono eccitata. Certo che mi eccito in presenza dei miei schiavi, anzi con tutte le cattiverie e punizioni che infliggo loro. Mi sono eccitata anche adesso a guardarti così sconvolto ed eccitato per la tua sciocca gelosia. Cosa credi, che sono come tua moglie che fa esattamente ciò che le dici? Che non esce mai e se lo fa esce insieme a tua sorella così comunque non può combinare mai nulla? Ah lo so… tu ti credi incredibilmente bello, perché tutte ti corrono dietro, dopotutto sei fisicamente prestante e sportivo, ma io non provo un benché minimo interesse a te come uomo. Mi eccita ridurti in condizioni pietose!” Lo schiavo tutto ingobbito sussurrò: “Padrona la prego…” Ho deciso mettermi seduta di fronte a lui sulla sedia a dondolo e di togliermi le mutandine. “Toh, già che ci sei lava anche queste!”, gli dissi lanciando gliele con disprezzo. Si era lanciato a prenderle come un cane si lancia su una bistecca, specie se affamato.

Mi stavo già convincendo che stesse elaborando strutturati schemi per affrontare questo compito di tale complessità quando infine dopo un’altra mezz’ora aveva terminato il bucato. Evviva, ce l’ha fatta! Si girò verso di me compiaciuto… che impresa! Io gli ho risposto: “Non penserai di cavartela così! Ti devo costruire un monumento? Insolente!” Ho impugnato un battipanni posizionato accanto alla porta del bagno. “Padrona, no la prego, sa che sono sposato. Ho già i segni del cane… “, implorava.  Aveva realmente paura. A me per questa volta non è bastato suscitare paura, volevo di più, non volevo solo intimidirlo, ma punirlo per davvero. Dargli una lezione severa, perché potesse comprendere come comportarsi con una Padrona. Che non accetta pretese da parte di uno schiavo. Dopotutto non siamo pari. Così lo legai per i testicoli e lo trascinai a quattro zampe nella sala delle torture. Lo misi disteso sul lettino di contenimento e lo legai in modo efficace a pancia in giù. Gli sollevai la testa tirandolo per i capelli e guardandolo negli occhi, gli ho chiesto: “Dove hai sbagliato, caro? Hai avuto modo di pensarci?” …

Aveva moltissima paura, dopotutto sua moglie è del tutto ignara delle sue passioni BDSM. Del resto poteva pensarci prima di intralciare la mia libertà. Ho usato il battipanni a tutto braccio, minacciandolo che avrei usato successivamente la frusta da dressage. Ma circa dopo neanche tre minuti di colpi a raffica con il sedere conciato per le feste, senza toccarsi si era lasciato andare a un orgasmo, scoppiando in un pianto… Reputai sufficiente questa prima lezione e lo lasciai andare. I segni gli durarono 24 giorni, ma è stato abile a coprirli… o meglio io sono stata magnanima infierendo solo in zona mutande.