Dominazione, Fetish, Racconti dei miei faithful

Sognai sul far dell’alba…

scritto da: Dasa
Pubblicato da: Elvira Nazzarri

Dolcemente sognai di aver rinunciato a condurre una vita privata, consapevole dell’impossibilità di vivere lontano dal Suo dominio. Non era una distanza fisica a spaventarmi, quella restava a disposizione della volontà di Mistress Elvira, quanto una distanza più intima: la mia anima doveva appartenerLe e non potevo vivere sentendomi ancora imprigionato nel mio libero arbitrio. Decisi quindi di abbandonare il lavoro in azienda e mi misi in proprio, avrei così potuto sovvertire le priorità ed essere sempre a Sua disposizione, ogni minuto della giornata per tutto l’anno. Vivevo sempre nel mio appartamento e conducevo una vita regolare con la differenza, rispetto a prima, che potevo allontanarmi da Milano solo col Suo permesso, restando costantemente a mezz’ora dalla Sua dimora, pronto a mettermi a Sua disposizione al comando della Regina.

Così quel pomeriggio, mentre ero fuori per delle commissioni, mi giunse il Suo messaggio. Mi ordinò di fare la spesa per la cena e di andare a casa Sua immediatamente, avrei avuto poi altre istruzioni. Appena fui da Lei mi fece spogliare e indossare un costume che mi aveva fatto comprare e che era la mia livrea. Una spece di muta elasticizzata nera con una cerniera davanti che, volendo, poteva coprirmi anche la testa, lasciando solo i fori per gli occhi, il naso, la bocca, il pene e l’ano. Completamente depersonalizzato, una maschera anonima e priva di identità, così come mi sentivo ormai da tempo: il Suo schiavo e nient’altro. Si mise alla scrivania e mi ordinò di sdraiarmi ai Suoi piedi supino. Appoggiò i piedi morbidi sul mio petto e cominciò a lavorare. Muoveva ogni tanto le Sue sensuali estremità sul mio ventre e sul mio petto, scivolando in alto verso il viso, per il gusto di sentirmi ansimare. In realtà ero eccitato dalla circostanza, dal sentire l’inerzia distratta del Suo piede sul mio corpo, quel leggero contatto che mi faceva sentire prigioniero, indipendentemente dalla volontà della Dea di stimolarmi.

ConoscendoLa, la immaginavo sorridente e compiaciuta sopra di me mentre continuava a digitare sulla tastiera del suo computer. A un certo punto mi ordinò di spostarmi e sistemarmi ai piedi della poltrona, sempre disteso a terra ma reclinato su un lato, guardando la poltrona. Aveva bisogno di un appoggio per i piedi più alto e stabile. Decise cosi di legarmi le mani dietro la schiena e mi sistemò il collare a cui agganciò il guinzaglio. Completò l’opera, riempiendomi con un plug, in modo da farmi sentire ancora più inerte di fronte al Suo potere sublime. Sedette, smanettò sul suo smartphone e si mise a chiacchierare con qualcuno. Più tardi avrei intuito che si trattava di un’amica giacché le parlava del Suo schiavo ai Suoi piedi in quel momento. Mi sentii esibito e mi procurò uno stato di confusa eccitazione, presi a dimenarmi e gemere e arrivò dapprima un secco, fortissimo colpo di frusta che nemmeno la protezione del tessuto riuscì ad attenuare e poi una serie di piccoli altri colpi, altrettanto dolorosi per la frequenza e la numerosità, mentre mi intimava di tacere. Si assicurò che non un altro suono provenisse dalla mia bocca, chiudendola con il Suo piede che penetrò impietoso e autoritario. La sensazione di totale violazione e annientamento che sempre genera il Suo piede violatore mi eccitò ancora di più. Il mio mondo era rappresentato dalla Sua calza, stranamente compressa ed elastica e la potente sensazione di pienezza del Suo piede tonico. La mia lingua cedeva al dominio, il respiro si fece lento e mi acquietai, annientato e adorante. Non mancò di descrivere la mia condizione e non potei non sperare che quella esibizione telefonica diventasse reale.

Come sempre con Mistress Elvira, le mie fantasie non sono propriamente mie, sono l’esito di un gioco sottile che la Sua mente concepisce allo scopo di farmi desiderare quello che vuole che desideri senza chiedermelo. In effetti, mi mandò a preparare da mangiare e mi fece apparecchiare per due. La splendida donna che vidi, in ginocchio di fianco alla mia Dea quando andò ad aprire la porta, mi lasciò senza fiato. Una bionda, coi capelli a caschetto, un fisico da ballerina, vestita in maniera molto informale ma sufficientemente esplicita da scatenare desideri da maialazzo come immediatamente mi redarguì la mia Dea, intuendo i pensieri lubrichi che si fecero spazio nella mia mente al vedere questo corpo meraviglioso in stivali neri borchiati dal tacco basso sotto dei leggings neri che ne esaltavano glutei rotondi e tonici sotto la maglia, nera anch’essa, che lasciava scoperto un collo incantevole. Il viso aveva un ovale perfetto e labbra carnose non troppo protese. Era il tipo che piaceva a Mistress Elvira e capii che sarei stato oggetto dei loro giochi erotici.

Servita la cena e nutritomi con gli avanzi delle mie regine, accucciato sottto il tavolo, sparecchiai e sistemai tutto mentre le due amiche si misere a sedere sul divano per l’ultimo sorso prima di abbandornarsi l’una all’altra. Il mio ruolo fu di stare ai piedi del divano dove si accarezzavano con sapienza tutta femminile e osservarLe devoto ed eccitato. Si amarono e si regalarono orgasmi reciproci mentre io, su ordine imperioso ora dell’una ora dell’altra, avevo il compito di completare la stimolazione di entrambe nei punti irraggiungibili. Così le mie labbra, le mie mani e la mia lingua si occuparono delle loro estremità e, all’occorrenza, le loro parti intime, anche posterieri. Fui annullato da un desiderio insopprimibile e governato dalle due fino a che, quando entrambe erano ebbre dei loro piaceri, decisero di concedermi più attenzione. Elvira mi ordino di spogliarmi e giacere supino sotto di Lei. Mi bendò e legò le mani allungate dietro la testa al piede di una tavola bassa nel salotto. Sedette su di me e potei sentire tutto l’aroma del Suo sesso inumidito dall’orgasmo. La Sua amica intanto mi sfiorò ripetutamente il pene, passando una mano sotto i miei testicoli, causandomi un’erezione ancor più forte. Mi lego i testicoli e il pene e cominciò a masturbarmi. Poi mi penetrò, non compresi bene con cosa data la mia condizione di assoluta passività. Così, inebriato dall’odore della mia Dea e dal contatto con le Sue mutande pregne di umore, i miei capezzoli stimolati dalla mani magiche di Mistress Elvira e il mio pene prigioniero delle sapienti mani della Sua amica, cedetti con impeto e frenetico come un cavallo che cerca inutilmente di disarcionare il suo cavaliere. La mia domatrice era saldamente in sella. Ne sentii la voce imperiosa e fredda, Bravo schiavo, fai vedere come godi prigioniero della Padrona.

Avrei completato le faccende domestiche mentre le due amiche si ritiravano nelle loro stanze. Quando restavo la notte da Mistress Elvira, potevo approfittare di un giaciglio dietro le sbarre, dal quale mi avrebbe tolto al mattino dopo. Per quanto mi piacesse e mi desse tranquillità essere prigioniero dietro le sbarre, non vedevo mai l’ora che giungesse il mattino, nella speranza che il primo ruolo assegnatomi al mattino fosse quello di gabinetto.

Ma poi tristemente mi svegliai nella dura realtà di tutti i giorni.