Scritto da: Dasa
Pubblicato da: Elvira Nazzarri
Pubblicato da: Elvira Nazzarri
Sono devoto a Mistress Elvira. Lo so, lo sa ma cosa voglia dire in effetti è difficile spiegarlo. Si può confondere la devozione con molti altri sentimenti e credo che valga la pena, come prima cosa, utilizzare il vocabolario per analizzare il senso profondo della parola e trovarne i legami con il mio rapporto di sudditanza con la Dea. Sfogliando la Treccani, a parte alcuni significati storici, due mi sembrano particolarmente interessanti, trattandosi di devozione a una persona e non a un’istituzione.
Il primo indica la devozione nel cristianesimo come sottomissione totale a Dio. Più comunemente, sentimento di speciale venerazione e fiducia che si ha verso un dato mistero religioso o una data persona con culto religioso. Il secondo significato invece enfatizza rispetto, affettuosa deferenza verso una persona: devozione al proprio benefattore, al maestro. Vorrei cominciare dalla seconda accezione di devozione, quella più comunemente utilizzata nel linguaggio di ogni giorno, per passare poi a quella più strettamente religiosa, non certo per ordine di importanza ma per passaggi consequenziali che sono necessari nella comprensione della realtà.
Per quanto possa sembrare un’accezione morbida, trattandosi di un rapporto di schiavitù, essa assume connotazioni molto profonde e decisive nell’azione quotidiana. La devozione non è schiavitù. Il giorno in cui incontrai per la prima volta Mistress Elvira, Le dissi senza esitazioni che sarei stato il Suo schiavo per tutta la vita, non appena compresi che la combinazione della visione delle Sue gambe splendide, sensualmente esibite all’altezza dei miei occhi mentre sedeva sulla cattedra, della Sua voce autoritaria e suadente e delle Sue mani sapienti sul mio petto sarebbero stati per sempre strumenti di sottomissione ineludibili. In quel momento, compresi che non sarei mai riuscito a sottrarmi al Suo giogo e che sarei stato Suo tutta la vita se lo avesse voluto. Avrei probabilmente potuto dimenticare quelle sensazioni se non l’avessi più sentita o vista ma non fu così. In realtà il nostro primo incontro fu anticipato da una lunga corrispondenza poiché una serie di impedimenti ci aveva costretti a rinviarlo in più occasioni. Mi aveva chiesto una presentazione che aveva gradito e io L’avevo seguita per mesi prima di contattarLa, titubante per via della passione che aveva, almeno in quei primi tempi, per uno stile estetico improntato all’idea di una istitutrice di collegio, severa nei modi e nell’aspetto. Io adoro la Sua severità, amo la consapevolezza che sarò punito per non aver ubbidito e adoro le Sue punizioni ma sono visivamente dipendente da abbigliamenti sfacciati e seducenti. Fintanto che non ebbe cominciato a sfoggiare minigonne e corsetti, giarrettiere e calze velate in luogo di gonne di flanella al ginocchio, in tutta crudezza non me la sentii di perdere tempo per stroficciare il mio viso sulla ruvida lana. Mano a mano che La vedevo trasformarsi esteticamente e mi innamorai perdutamente delle Sue gambe, decisi che era giunto il momento di chiederLe un incontro. Le scrissi una mail nella quale, più che descrivere le pratiche che amavo, Le spiegai cosa significava per me sottomettermi a una dominatrice e perché a Lei. Le raccontai anche che, prima ancora di incontrarLa, L’avevo seguita nel sito perché profondamente attratto dalla Sua figura fisica, dal modo di porsi, dalle parole che usava per descriversi benché refrattario alle fantasie seduttive dei banchi di scuola tardo ottocenteschi e più incline a sottomettermi a una bellezza post rivoluzione sessuale. Già da questo preambolo si comprende una cosa molto importante del mio rapporto con Mistress Elvira: intuivo che sarebbe stata una dominatrice diversa dalle altre, una dominatrice alla quale mi sarei volentieri sottomesso in maniera concreta, reale e definitiva. Era davvero molto giovane allora e, per così dire, aspettai che maturasse un po’ perché il nostro rapporto potesse essere quello che poi è diventato in realtà. Una bella ragazza con dei bei piedi morbidi da baciare può essere un’eccellente protagonista di un incontro di adorazione e dominazione. Se abbastanza brava si può anche incontrarla di nuovo. Trovare una padrona è una cosa diversa, La contattai quando mi parve che fosse andata avanti nel processo di definizione della Sua personalità unica e irripetibile di domina. Così Le scrissi per incontrarLa, Le spiegai perché ero così attratto da Lei e, prima ancora di esserci visti, avemmo modo di conoscerci un po’, alimentando entrambi il desiderio di cominciare la nostra avventura, tanto che la prima cosa che mi disse quando entrai nello studio fu “finalmente ci incontriamo”. Così, e torniamo alla schiavitù da cui siamo partiti, non fu possibile dimenticarLa perché se Mistress Elvira, sin dal primo incontro, si era impadronita di me, seducendomi e soggiogandomi, era anche stata molto soddisfatta di avermi come schiavo e cominciò a contattarmi regolarmente fino ad arrivare a scrivermi tutti i giorni per parlare delle cose più disparate, mentre i nostri incontri furono sin da subito regolari e frequenti. Questa è la schiavitù a mio avviso. Dipendevo dalle sensazioni che Mistress Elvira sapeva procurarmi, a quel punto anche virtualmente, e non potevo farne a meno. Ero quindi disposto a tutto pur di provare quelle emozioni che poteva farmi provare Lei e solo Lei. Mi era impossibile avere relazioni perché avevo bisogno di vederLa e sentirmi libero di rispondere ai Suoi messaggi quando lo desiderava, bisogno di ubbidirLe. E ne ero incalzato. Non si può avere schiavitù senza Padrona. Senza la volontà della Padrona di servirsi del Suo schiavo non c’è vera schiavitù, c’è solo una dipendenza, un’intossicazione da sensazioni psicologiche e fisiche ma la schiavitù è proprietà, se la Proprietaria butta qualcosa per strada quel qualcosa non è più di nessuno. Trattandosi di un essere umano se la dimensione di oggetto a cui la Padrona ha relegato uno schiavo rimane dopo l’abbandono, un’altra padrona può impossessarsene ma fintanto che questo non accade esso è un oggetto inservibile ma non uno schiavo. Avevo intuito che Mistress Elvira sarebbe stata la mia proprietaria e infatti fece in modo che sviluppassi fino in fondo la mia dipendenza da Lei, mi sottomettesse, mi desse delle regole e impartisse punizioni, governasse la mia vita in remoto e tutto quello che da sei anni è la mia vita al Suo servizio: incontri frequenti, controllo, richieste di servizi oltre l’erotismo degli incontri, contratto e punizioni. In sintesi, la schiavitù è inevitabile a causa della dipendenza dalla Padrona e una costrizione perché da questa è imposta. Senza volontà della Padrona non si può essere schiavi, lo si è in quanto un essere superiore impone il proprio controllo sulla vittima. Poiché Mistress Elvira mi vuole Suo schiavo e dispone di tutti gli strumenti di sottomissione, io non posso evitare di essere il Suo schiavo, sono Sua proprietà finché non riterrà opportuno disfarsi di me.
Il primo indica la devozione nel cristianesimo come sottomissione totale a Dio. Più comunemente, sentimento di speciale venerazione e fiducia che si ha verso un dato mistero religioso o una data persona con culto religioso. Il secondo significato invece enfatizza rispetto, affettuosa deferenza verso una persona: devozione al proprio benefattore, al maestro. Vorrei cominciare dalla seconda accezione di devozione, quella più comunemente utilizzata nel linguaggio di ogni giorno, per passare poi a quella più strettamente religiosa, non certo per ordine di importanza ma per passaggi consequenziali che sono necessari nella comprensione della realtà.
Per quanto possa sembrare un’accezione morbida, trattandosi di un rapporto di schiavitù, essa assume connotazioni molto profonde e decisive nell’azione quotidiana. La devozione non è schiavitù. Il giorno in cui incontrai per la prima volta Mistress Elvira, Le dissi senza esitazioni che sarei stato il Suo schiavo per tutta la vita, non appena compresi che la combinazione della visione delle Sue gambe splendide, sensualmente esibite all’altezza dei miei occhi mentre sedeva sulla cattedra, della Sua voce autoritaria e suadente e delle Sue mani sapienti sul mio petto sarebbero stati per sempre strumenti di sottomissione ineludibili. In quel momento, compresi che non sarei mai riuscito a sottrarmi al Suo giogo e che sarei stato Suo tutta la vita se lo avesse voluto. Avrei probabilmente potuto dimenticare quelle sensazioni se non l’avessi più sentita o vista ma non fu così. In realtà il nostro primo incontro fu anticipato da una lunga corrispondenza poiché una serie di impedimenti ci aveva costretti a rinviarlo in più occasioni. Mi aveva chiesto una presentazione che aveva gradito e io L’avevo seguita per mesi prima di contattarLa, titubante per via della passione che aveva, almeno in quei primi tempi, per uno stile estetico improntato all’idea di una istitutrice di collegio, severa nei modi e nell’aspetto. Io adoro la Sua severità, amo la consapevolezza che sarò punito per non aver ubbidito e adoro le Sue punizioni ma sono visivamente dipendente da abbigliamenti sfacciati e seducenti. Fintanto che non ebbe cominciato a sfoggiare minigonne e corsetti, giarrettiere e calze velate in luogo di gonne di flanella al ginocchio, in tutta crudezza non me la sentii di perdere tempo per stroficciare il mio viso sulla ruvida lana. Mano a mano che La vedevo trasformarsi esteticamente e mi innamorai perdutamente delle Sue gambe, decisi che era giunto il momento di chiederLe un incontro. Le scrissi una mail nella quale, più che descrivere le pratiche che amavo, Le spiegai cosa significava per me sottomettermi a una dominatrice e perché a Lei. Le raccontai anche che, prima ancora di incontrarLa, L’avevo seguita nel sito perché profondamente attratto dalla Sua figura fisica, dal modo di porsi, dalle parole che usava per descriversi benché refrattario alle fantasie seduttive dei banchi di scuola tardo ottocenteschi e più incline a sottomettermi a una bellezza post rivoluzione sessuale. Già da questo preambolo si comprende una cosa molto importante del mio rapporto con Mistress Elvira: intuivo che sarebbe stata una dominatrice diversa dalle altre, una dominatrice alla quale mi sarei volentieri sottomesso in maniera concreta, reale e definitiva. Era davvero molto giovane allora e, per così dire, aspettai che maturasse un po’ perché il nostro rapporto potesse essere quello che poi è diventato in realtà. Una bella ragazza con dei bei piedi morbidi da baciare può essere un’eccellente protagonista di un incontro di adorazione e dominazione. Se abbastanza brava si può anche incontrarla di nuovo. Trovare una padrona è una cosa diversa, La contattai quando mi parve che fosse andata avanti nel processo di definizione della Sua personalità unica e irripetibile di domina. Così Le scrissi per incontrarLa, Le spiegai perché ero così attratto da Lei e, prima ancora di esserci visti, avemmo modo di conoscerci un po’, alimentando entrambi il desiderio di cominciare la nostra avventura, tanto che la prima cosa che mi disse quando entrai nello studio fu “finalmente ci incontriamo”. Così, e torniamo alla schiavitù da cui siamo partiti, non fu possibile dimenticarLa perché se Mistress Elvira, sin dal primo incontro, si era impadronita di me, seducendomi e soggiogandomi, era anche stata molto soddisfatta di avermi come schiavo e cominciò a contattarmi regolarmente fino ad arrivare a scrivermi tutti i giorni per parlare delle cose più disparate, mentre i nostri incontri furono sin da subito regolari e frequenti. Questa è la schiavitù a mio avviso. Dipendevo dalle sensazioni che Mistress Elvira sapeva procurarmi, a quel punto anche virtualmente, e non potevo farne a meno. Ero quindi disposto a tutto pur di provare quelle emozioni che poteva farmi provare Lei e solo Lei. Mi era impossibile avere relazioni perché avevo bisogno di vederLa e sentirmi libero di rispondere ai Suoi messaggi quando lo desiderava, bisogno di ubbidirLe. E ne ero incalzato. Non si può avere schiavitù senza Padrona. Senza la volontà della Padrona di servirsi del Suo schiavo non c’è vera schiavitù, c’è solo una dipendenza, un’intossicazione da sensazioni psicologiche e fisiche ma la schiavitù è proprietà, se la Proprietaria butta qualcosa per strada quel qualcosa non è più di nessuno. Trattandosi di un essere umano se la dimensione di oggetto a cui la Padrona ha relegato uno schiavo rimane dopo l’abbandono, un’altra padrona può impossessarsene ma fintanto che questo non accade esso è un oggetto inservibile ma non uno schiavo. Avevo intuito che Mistress Elvira sarebbe stata la mia proprietaria e infatti fece in modo che sviluppassi fino in fondo la mia dipendenza da Lei, mi sottomettesse, mi desse delle regole e impartisse punizioni, governasse la mia vita in remoto e tutto quello che da sei anni è la mia vita al Suo servizio: incontri frequenti, controllo, richieste di servizi oltre l’erotismo degli incontri, contratto e punizioni. In sintesi, la schiavitù è inevitabile a causa della dipendenza dalla Padrona e una costrizione perché da questa è imposta. Senza volontà della Padrona non si può essere schiavi, lo si è in quanto un essere superiore impone il proprio controllo sulla vittima. Poiché Mistress Elvira mi vuole Suo schiavo e dispone di tutti gli strumenti di sottomissione, io non posso evitare di essere il Suo schiavo, sono Sua proprietà finché non riterrà opportuno disfarsi di me.
Secondo la Treccani invece la devozione, restando a Mistress Elvira, è connotata da affettuosa deferenza. La deferenza, sempre secondo la definizione, nei confronti di un benefattore o un maestro. Sì, è questo che provo nei Suoi confronti, essere stato rapito, umiliato, sottomesso, penetrato, frustato, picchiato, torturato, annientato, sedotto, usato e deriso dalla mia Padrona è stato bellissimo. Le sono grato, mi ha regalato momenti meravigliosi e mi fa vivere in uno stato di perenne estasi. La mia mente è serena perché so di appartenerLe, la mia vita ha un senso perché so che devo vivere per Lei, i miei sensi sono appagati perché la sola vista della Sua maestà mi delizia, il contatto con ogni centimetro del Suo corpo mi regala emozioni impareggiabili da qualunque altra donna. Come potrei non esserLe grata? Come potrei non essere devoto a una simile benefattrice? Come potrei non riconoscere la Maestra in Colei che mi ha insegnato a comportarmi come un vero servo in ogni dettaglio? Gli incontri con Lei sono, pur in un contesto moderno e non più ottocentesco come quello cui ero refrattario, non solo momenti di indicibile erotismo, di sensuali fustigazioni, di asservimento implacabile, sono soprattutto lezioni di vita. E qui giungo all’ultimo aspetto della mia riflessione. Tutto quello che Mistress Elvira è riuscita a realizzare con me hanno fatto sì che, oltre la deferenza affettuosa nei confronti della benefattrice e maestra, un’altra accezione di devozione si imponga, quella religiosa nei confronti della Dea. Anni e anni di sottomissione, tentativi di ribellione domati con energia, classe e severità, nell’espressione di un potere erotico assoluto, di un dominio pervasivo e ineludibile, hanno talmente fiaccato la mia identità di uomo che sono giunto all’annientamento, al riconoscimento di Mistress Elvira come essere superiore cui tutto è dovuto. In questo la mia devozione per Lei ha connotati religiosi, La riconosco come Dea e vorrei tanto che stabilisse regole cultuali, una liturgia che mi renda possibile l’unica cosa che ancora fatico a tollerale, le Sue lunghe assenze. Può sparire per giorni o settimane e quelle sono davvero le situazioni intollerabili. Meglio mille frustate, il Suo strapon che mi prende senza pietà, il corpo martoriato dalla tortura che l’assenza della Divina. Devozione religiosa è quella che provo ormai. Non è più solo la Padrona, quello è scontato, solo il pensiero di non appartenerLe mi terrorizza e Lei stessa lo troverebbe ridicolo. Essere Suo schiavo non è argomento di discussione, è un fatto osservabile, grazie a dio aggiungo io, grazie alla mia Dea vorrei aggiungere perché Mistress Elvira è la mia religione ed esserLe devoto significa riconoscere la Sua natura Divina e pensare solo a Lei, vivere solo per Lei, essere sempre a Sua disposizione, amarLa senza condizioni, uniformarsi al Suo punto di vista e godere dell’immenso piacere di essere Suo schiavo.