Racconti dei miei faithful

Il contratto

scritto da Kobar
pubblicato da Elvira Nazzarri

Seduto ad un tavolino di un bar guardava il traffico. Di tanto in tanto l’orologio.
Erano le 16,30 e mancava circa un’ora al suo appuntamento.
Un appuntamento preso da Luisa. Quel giorno, nell’arco di un’ora, si sarebbe compiuto, molto probabilmente, qualcosa che aveva radici lontane e che forse Marco non immaginava nemmeno possibile.
Luisa non era la sua segretaria. L’aveva conosciuta online e aveva giocato un po’ alla Mistress e allo schiavo.
Nel tempo erano sostanzialmente diventati amici. Un’amicizia che però di fatto ruotava intorno al sadomaso soft.
Per Marco Luisa soprattutto era una sorta di zona franca in cui poter raccontare a una donna tutte le cose più intime con la certezza che, pur se non condivise, sarebbero state capite.
Marco amava la donna, amava il corpo femminile, senza avere un modello estetico in mente. Aveva avuto donne alte, basse, magre o in carne. Di tutte aveva apprezzato l’autenticità, cioè il fatto che si proponessero senza troppe barriere, naturalmente, se possibile.
Apprezzava persino la timidezza che alimentava il suo lato da buon samaritano. Ma non gli piacevano tattiche e mistificazioni.
Per il resto ci pensava lui a farle star bene. Aveva un’attitudine simile a quella di gran parte delle donne orientali. Farle godere era una specie di missione. E sentirle godere era la sua gratificazione.
Aveva un rapporto “assoluto” nel senso che tutto ciò che faceva parte di loro era per lui un dono da accogliere. In realtà esisteva una quota di femmine che non gli suscitava nulla, ma in quel caso mancava il “minimo sindacale” di intesa su base genetica. In quei caso non provava nulla di sgradevole ma semplicemente un senso di distanza.
Altrimenti era una specie di musicista in grado di leggere partiture scritte per qualunque strumento.
L’olfatto, più ancora del gusto, era il centro del suo piacere. Era come il maestro che dà il via all’orchestra.
E più era intimo più era potente. Gli piaceva l’odore della pelle, e quindi detestava le donne che si profumavano e deodoravano all’eccesso. Capiva in parte questa cosa al primo incontro ma poi lo viveva come una barriera alla conoscenza. Come se una pretendesse di far l’amore al buio e vestita. Una vera privazione.
Gli piaceva molto l’odore del sesso e in generale delle parti intime. Una donna che conoscendolo non si lavava se non qualche ora prima, suscitava in lui gratitudine.
Anche il respiro e ancor di più la saliva potevano farlo partire per la tangente.
Con Luisa aveva fatto giochi del genere. Lei lo aveva legato e gli aveva leccato la faccia. La lingua di Luisa gli aveva cosparso il viso di saliva, gli aveva frugato gli occhi, le orecchie, indugiato sulla punta del naso con la lingua. Gli aveva ordinato di masturbarsi mentre glie lo faceva perché avrebbe dovuto dimostrare adorazione al punto da bastargli il respiro e la saliva della sua padrona.
E lui era impazzito di piacere, respirava il suo alito caldo, sentiva l’odore della saliva, così intimo.
Era stato costretto a venire rimanendo in piedi ben eretto, guardando lei negli occhi, senza abbandonarsi a gemiti o movenze scomposte.
Il getto del suo liquido seminale aveva raggiunto uno specchio a quasi due metri di distanza, colando poi lentamente. E si era meritato un colpo di canna per aver sussurrato “Luisa” mentre veniva.
A furia di giocare attorno a questa tendenza ad apprezzare i diversi aromi del corpo femminile, un giorno aveva detto a Luisa “ perché non mi vendi per gioco”.
Lei, stupita, ma subito interessata aveva ascoltato.
“Potresti propormi come adoratore di femmine stressate in pausa relax. Penso a donne che desiderano che qualcuno si dedichi a loro senza aver altri problemi. E credo che una donna ascolti più volentieri una sua simile.
Avrebbero potuto cercare su internet, offrendo la lingua di Marco a singole o coppie che cercassero uno svago del genere. Ma volendosi vendere, Marco chiese a Luisa di proporsi sd un target che per potere d’acquisto e riservatezza trovasse assolutamente ragionevole acquistare la prestazione.
Marco guardò l’orologio: 17,10. Mancavano 20 minuti
Il primo incontro sarebbe avvenuto nella suite del Ritz, la numero 1003.
Il protocollo era chiaro e rigoroso. Nessuno spazio per la creatività, pena l’annullamento di questo ed eventuali ulteriori incontri.
La donna che avrebbe incontrato aveva manifestato l’intenzione, qualora l’incontro si fosse svolto positivamente di acquistare un “pacchetto” di appuntamenti che le avrebbero garantito il godimento a domicilio, nei vari spostamenti che per lavoro faceva nelle principali città italiane.
Avrebbe pagato bene ma sarebbe stata anche esigente. Data, orario, con la possibilità di variare in caso d’imprevisti.
17,22. Marco pagò il conto e s’incamminò verso il Ritz.
Attraversò il grande salone con la sensazione che tutte le persone presenti lo guardassero e , dandosi un colpetto di gomito, commentassero” Eccolo, è lui il cane da lecca di K. Foster. Lui in realtà sapeva solo che era una donna potente e famosa. K.Foster era l’icona di quello status, e l’idea che avrebbe incontrato una donna del genere gli metteva soggezione, oltre a piacergli molto.
Quando disse al concierge “1003”, per un attimo ebbe la sensazione di uno sguardo di rimprovero.
Ricevette una “card” che ripose in tasca ringraziando. “A destra, l’ultimo ascensore”.
Da quel momento adrenalina e battito cardiaco aumentarono. Persino l’immagine nello specchio dell’ascensore sembrava difficile da mettere a fuoco.
Il piano più alto e più silenzioso. Da un’altra camera uscì una donna splendida. “Una escort” pensò, in fondo come me…
La porta della 1003 si aprì. Marco entrò, la richiuse, andò sulla poltrona vicino all’ingresso. Si sedette, prese la benda nera appoggiata sullo schienale e si coprì gli occhi.
Per un attimo si chiese se il suo alito fosse sufficientemente fresco.
Sentì dei passi morbidi, la suite era cosparsa di tappeti. Capì che “lei” si stava accomodando su una poltrona di fronte a lui a circa un metro di distanza.
“Buongiorno, disse una voce femminile, quasi musicale, molto ben controllata. “e benvenuto”.
“Buongiorno” rispose Marco
“Lei è molto fortunato a conoscere Luisa” continuò lei. Mi ha parlato molto di lei e magnificato le sue doti di….. diciamo specialistiche”.
Marc provò vergogna e fierezza al tempo stesso. Era stata chiara. Avrebbe potuto dire “So che sei un gran leccatore di fica”..
“Coraggio, ho un’oretta e vorrei approfittare…”
Marco si alzò e guidato dalla sua voce fece poco più di un passo. SI inginocchio. Sentì che lei scivolava sulla poltrona in avanti. Appoggiò le mani a terra urtando lievemente le sue ginocchia cn le spalle.
Lentamente lei allargò le gambe. Lui si mosse lentamente in avanti a quattro zampe. Il primo contatto sarebbe stato solo con la lingua. Le mani avrebbe dovuto eventualmente richiederle lei.
Sentì le sue mani guidarlo col viso fino a pochi centimetri. Poi lei disse: “Prego, comincia pure”.
Era a qualche centimetro sopra il suo sesso. Lei si era tirata indietro completamente la gonna.
Si mosse piano finché non sfiorò col naso e la bocca il monte di Venere. Decise di scendere lentamente sfiorando lo slip delicatamente fino a trovarsi esattamente di fronte al suo sesso.
“Luisa mi ha detto della tua passione”, che tradotto voleva dire “Non mi sono lavata nelle ultime ore”.
“Come se a te non piacesse l’dea, brutta maiala” pensò Marco. Se l’hai fatto è perché vuoi che ti lavi la fica e il culo con la lingua, gran troia!”
Ma era anche quello che voleva. Premette un po’ sullo slip e in corrispondenza delle grandi labbra dischiuse sentì umido. Cominciò a respirare. Era un odore di femmina intenso, si stava bagnando, e si capiva che doveva essersi lavata non meno di 5 ore prima.
Marco era al settimo cielo. La baciò spingendo un po’ sullo slip, lei aprì ancora le gambe, e dopo altri due o tre baci del genere lei si scostò lo slip. Marco aprì la bocca e diede una passata con la lingua piatta lungo tutta la fica, coma aveva visto fare da un cane in un film.
Il ventre di lei sussultò e Marco capì che avrebbe funzionato.
Volle farle sentire che si inebriava col suo odore, dopo di che prese a leccarla lentamente e con passione, ascoltando le sue reazioni per stabilire il giusto ritmo e i punti più sensibili.
Lei cominciò ad ansimare e scivolando ancora più giù prese a muovere il bacino in modo da godersi la sua bocca. E più lei si moveva più lui s’impegnava. Era una donna sulla quarantina, con la giusta quantità di pelo. Marco era cresciuto con i film porno che ritraevano donne con i peli. E la donna rasata lo lasciava sempre perplesso.
Si mosse su e giù con la fica, questa volta afferrando la testa di Marco. Poi si afferrò le gambe e andò all’indietro, offrendosi completamente a Marco che colse al volo il cambiamento di assetto per scendere sfregando il viso prima sulla vagina ormai zuppa di umori, sulla zona perineale e infine tra le natiche che in quella posizione erano sufficientemente distanti per poter godere di quel calore umido e del caratteristico odore. Marco era a pieno regime, come un motore. Pensò che lei era una vera femmina in calore che si sfregava senza ritegno sul volto del maschio che da parte sua apprezzava e l’adorava.
Marco credette che qualcosa non andasse quando lei abbasso le gambe e si sedette sulla poltrona.
Passò un istante e lei gli prese il viso fra le mani, accostò il suo per annusarlo…. “Fantastico” disse,”la tua faccia ha tutti i miei odori, non manca proprio niente, forse giusto un po’ di pipì, ma non so se si può fare e soprattutto sono così’ congestionata ce non riuscirei..”
Lo annusò ancora un po’ e disse “ Amo anch’io gli odori”…con la lingua piatta e larga gli passò sul viso. Lui sentiva il suo alito e pensò di baciarla sulla bocca, poi pensò che l’avrebbe fatto lei.
Uno sputo con tanta saliva lo colpì in pieno viso. Poi lei lo leccò di nuovo spargendo bene la saliva sul viso. Ripeté l’operazione un paio di volte e poi gli disse. Ora fammi venire.
Si girò e si mise in ginocchio offrendo il culo alla sua bocca. Gli prese la testa e la spinse fra le natiche.
Quando fu certa che Marc si sarebbe occupata di lei, cominciò a masturbarsi con le dita.
Marco prese a baciarle lo sfintere con le labbra e la lingua come avrebbe baciato la bocca di una collegiale.
Con la stessa delicatezza e passione. Poi cominciò a roteare attorno con la punta della lingua e poi la appiattì andando su e giù come un labrador devoto alla sua padrona.
Con la punta della lingua spinse e sentì che lei assecondava, cedendo, forse spingendo un po’ per dilatere meglio.
Lei venne una prima volta, poi una seconda, mormorando qualcosa d’incomprensibile, poi si girò, fece sedere Marco per terra davanti alla poltrona in modo che la sua testa poggiasse sulla seduta e gli mise la fica in bocca per l’ultimo orgasmo.
Marco bevve tutto.
Lei rimase lì pochi istanti, poi si alzò e scomparve, forse grazie ad una porta confinante con un’altra stanza.
Marco si tolse la benda. A fatica si tirò su.
Lei era una donna di potere abituata a “prendere”. Una vera femmina.
Marco si chiese dove l’avrebbe portato questa faccenda.