Scritto da: Giacinto
Pubblicato da: Elvira Nazzarri (i racconti sono espressioni di fantasia in prosa)
La Padrona era seduta sulla scrivania, sguardo duro, mani appoggiate sul bordo, unghie smaltate di rosso, curate e ben affilate.
Indossava una camicetta bianca, generosamente aperta per mostrare un intimo di pizzo nero, e una gonna grigia corta sopra il ginocchio. Le gambe accavallate erano fasciate da un paio di calze nere velatissime e terminavano in un paio di decolletè nere tacco 12.
Lo schiavo era ai suoi piedi, in ginocchio, nudo come un verme, con lo sguardo rivolto alla punta delle scarpe della Padrona.
“Allora cosa devi confessarmi di tanto importante?” gli chiese la Padrona con voce stizzita.
“Ecco mia Padrona, io …. Io … devo…”
La voce dello schiavo era esitante, intimidita da quello che stava per confessare.
“Sbrigati! Non farmi perdere tempo! Dimmi quello che devi dirmi o devo fartelo uscire a scudisciate?”
“Vede Padrona ieri sera… a letto… pensavo a Lei … ma non come la mia padrona… La immaginavo legata al letto e io le leccavo la fica aperta e depilata e… continuavo a leccarla fino a che Lei ha avuto un orgasmo e ha inondato la mia faccia dei suoi succhi…. Allora mi sono alzato sopra di Lei e mi sono masturbato fino a venire su di Lei”
Lo schiavo emise un sospiro e concluse: “Merito di essere punito, lo so che non posso masturbarmi se Lei non me lo comanda, ma…, è che Lei è così …” non riuscì a finire la frase.
Aveva alzato gli occhi e aveva visto il suo sguardo.
Aveva capito che aveva sottovalutato la sua già grave mancanza e che la reazione della Padrona sarebbe stata terribile.
Lo sguardo della Padrona era brace pura. Lei resto in silenzio per alcuni minuti.
Allo schiavo, in attesa delle sue decisioni, sembrò che fosse passata una era.
“Alzati in piedi ora, lurido verme schifoso”
Obbedì.
La mano della Padrona si mosse e gli afferro con durezza i testicoli stringendoli e tirandoli a sé.
Una smorfia di dolore fece capolino sul viso dello schiavo.
“Una fantasia così volgare, impudente e irrispettosa verso la tua Padrona merita una punizione esemplare; il tuo corpo sarà una cosa sola con il dolore, dolore che prenderà pieno possesso della tua mente e non sarai nient’altro…”
Così dicendo, aumentando la stretta della sua mano, letteralmente lo trascinò fino alla sala delle punizioni.
Fissò le cavigliere e un tipo di polsiere che gli impedivano di aggrapparsi alle corde e lo legò a croce con le gambe ben divaricate. Poi, mediante tiranti, fece in modo che solo la punta dei piedi toccasse terra.
“… e affinchè sia di esempio per tutti i vermi del tuo stampo, accenderò le telecamere e la manderò in streaming; che tutti la possano vedere!”
Umiliazione si aggiungeva alla prossima sofferenza!
Si allontanò e tornò con uno strano attrezzo.
“Questo è il Nano Nero; una scultura di ebano a forma di nano che sulla testa porta un cuneo. I primi 4 cm servono per facilitare l’inserzione e hanno un diametro di soli 3 cm, ma dopo il diametro si allarga sempre più: dopo circa altri 4 cm il diametro diventa di 5, dopo altri 4 di 7 cm e poi sempre di più. Un meccanismo a cremagliera alla base consente di regolarne l’altezza.”
La Padrona posizionò la Nano Nero fra le sue gambe e regolandone l’altezza spinse tutti i primi 4 cm dentro il suo sfintere. Poi si posizionò davanti allo schiavo e disse: “ora cerca di restare ben saldo sulle punte dei piedi”.
E nel dirlo rilasciò la tensione delle corde che lo tendevano verso l’alto
Un lampo di terrore passò negli occhi dello schiavo.
“Hai proprio capito bene verme; ora solo la forza delle tue gambe può impedirti di impalarti; più resti in punta di piedi e meno soffrirai, ma non resisterai per tanto, vedrai che arriverai almeno fino agli 8 cm! …. Intanto io vado a cambiarmi per il prosieguo dello spettacolo… divertiti!”
In effetti non poteva reggere molto. Dopo alcuni minuti le punte dei piedi divennero doloranti e cominciò a scendere lungo il palo sempre più largo. Si ritirò sulle punte per dare sollievo allo sfintere, ma poi dovette cedere un’altra volta scendendo sempre di più. L’altalena dei movimenti continuò per un buon quarto d’ora; in pratica si stava scopando da solo nel culo dilatandosi sempre di più.
Alla fine cedette del tutto e appoggio i piedi a terra.
Lo sfintere doleva come non mai ed il dolore si irradiava lungo tutta la colonna vertebrale. Probabilmente, come aveva detto la Padrona aveva raggiunto, e forse superato, il punto degli 8 cm di diametro.
La Padrona ritornò. Indossava solo un body di pizzo con le giuste trasparenze, quelle che fanno immaginare tutto, ma non lasciano vedere niente, un paio di guanti neri fino all’avanbraccio ed un paio di stivali alti fin sopra il ginocchio con un vertiginoso tacco di metallo estremamente sottile ed appuntito.
“Hai finito di scoparti puttanella?”
“Vedo che sei sceso ben in basso, altro che 8 cm, mi sa che hai passato i 9; l’ho sempre detto che sei solo una gran troia!”
Prese due morsetti per capezzoli, glieli mise, li legò fra di loro e li fisso ad un gancio sul soffitto tendendoli fino a che non vide il limite dello schiavo.
Legò una corda ai testicoli e li tese fino al massimo fissandoli ad un gancio del pavimento.
“Bene, ora sei teso a puntino… se vuoi puoi lenire la sofferenza dello sfintere e dei capezzoli rimettendoti sulle punte dei piedi, ma ti strapperesti le palle! … oppure puoi flettere le gambe cosicchè i testicoli possano respirare, ma faresti aumentare la sofferenza delle altre due parti. Ti consiglio di restare il più fermo possibile qualunque cosa ti accada…”
Un sorriso e un lampo di gioia le passarono negli occhi. Cominciava a divertirsi e a eccitarsi.
I morsetti ai capezzoli, a cui lo schiavo era particolarmente sensibile, e il profumo dell’eccitazione della Padrona, che riusciva a percepire, fecero effetto e il suo membro si inturgidì vistosamente.
“Toh!!…” disse la Padrona, “… ecco un fuori programma, mi hai fatto venire una idea ….”
Accese una candela, aspetto che la cera cominciasse a fondere e poi, goccia dopo goccia, ricopri completamente il membro dello schiavo.
Al dolore provocato dalla cera calda, a causa delle contrazioni a cui il suo corpo teso era sottoposto, si aggiungevano le trazioni ai capezzoli e ai testicoli e le contrazioni dello sfintere attorno a quel mostruoso palo che lo sfondava.
“Ora passiamo ai miei oggetti preferiti: le fruste… comincerò a scaldare il tuo fondo schiena con il nerbo di bue…Tu conta i colpi!”
Inizio a ritmo lento, con colpi trattenuti anche se ugualmente dolorosi; poi la frequenza e la forza dei colpi andarono crescendo sempre più mentre il culo dello sventurato si striava di rosso.
Le urla e la conta delle frustate si susseguivano una all’altra, mentre il dolore procurato a capezzoli, testicoli e sfintere cominciava a diventare insopportabile.
Arrivati a 50 la Padrona smise e si allontanò
Che il supplizio fosse finito?
Si sbagliava.
Ritorno con l’ultimo suo giocattolo: una bullwhip di cuoio con anima di metallo denominata La Coda del Diavolo.
Si sciolse i muscoli del braccio facendola scioccare un paio di volte, poi disse: “conta” e cominciò a frustarlo facendo in modo che la bullwhip si avvinghiasse tutta intorno a suo tronco.
Man mano che cresceva il numero delle frustate, man mano aumentava la forza delle stesse.
Il tutto accompagnato dalle urla sempre più alte e strazianti dello schiavo, mentre la Padrona lo apostrofava dicendogli: “erano così i tuoi gemiti di piacere mentre ti masturbavi pensando al mio sesso aperto?”
Lo schiavo non rispondeva; riusciva a malapena a contare il numero delle frustate; il dolore si era totalmente impossessato del suo corpo e della sua mente.
Arrivati a 100 colpi smise e cominciò a girargli intorno rimirando la sua opera.
“Sono proprio soddisfatta…, disse, e con le unghie affilate lo accarezzò sul petto e sulla schiena.
Non un lamento uscì dalla bocca dello schiavo, non aveva più forza per urlare.
Gli tolse i morsetti dai capezzoli, la tensione dai testicoli e lo issò sulle punte dei piedi per estrarre il Nano Nero; poi lo lascio sfinito a terra.
Dopo 10 minuti, seduta sul suo trono regale lo chiamò: “Verme vieni di fronte a me in ginocchio”
Spinse i tacchi metallici dei suoi stivali contro i capezzoli dello schiavo; questi martoriati come erano gli provocarono un dolore intenso, ma piacevole.
Come detto quello era un suo punto sensibile e grazie alla pressione dei tacchi e al profumo di donna eccitata che emana dal sesso della Padrona, il suo membro si ravvivò e si inturgidì di nuovo.
“Schiavo hai imparato la lezione?… Da ora in avanti ti masturberai solo davanti a me, quando lo dirò io e raccoglierai la tua sborra in questa ciotola che poi leccherai fino all’ultima goccia”
“Si Padrona” fu la sua semplice risposta.
Allora adesso puoi masturbarti.
Bastarono pochi movimenti della mano sul suo cazzo duro e sborrò copiosamente.
Poi, come gli era stato ordinato, lecco tutto fino all’ultima goccia.