Scritto da: Dasa
Pubblicato da: Elvira Nazzarri (ricordo ai cari lettori che i racconti sono espressioni di fantasia in prosa)
Aveva ormai assoggettato molti uomini e molte donne ma solo alcuni fra questi potevano considerarsi i fortunati, quelli che appartenevano alla cerchia ristretta dei Suoi servi permanenti. Viveva unicamente la realtà del dominio nella Sua pienezza. Ognuno dei Suoi schiavi doveva provvedere ai Suoi bisogni, versando la quasi totalità dei propri introiti alla Dea e trattenendo per sé il necessario per mantenere le proprie case, gli alimenti alla famiglia per chi ne aveva una, le tasse e le bollette. Il cibo era preparato in comune da uno schiavo cuoco e gli abiti di tutti erano scelti da Mistress Elvira in base al Suo gusto. Ciascuno di noi riceveva istruzioni su cosa acquistare, quando la Padrona lo desiderava. Nella schiavitù totale, il denaro non era necessario e quindi veniva tutto consegnato alla Dea, la quale, in questo modo, poteva permettersi una vita di agiatezza in un antico casolare fuori Milano in cui viveva, circondata dai Suoi numerosi servi che dormivano in piccole camerette in una struttura adiacente, una vecchia stalla ristrutturata. L’aveva acquistata e sistemata con il contributo di ciascuno dei sei schiavi, tre uomini e tre donne, che vivevano permanentemente al Suo servizio. Permanentemente per modo di dire. Ciascuno di noi doveva meritarsi con il comportamento l’onore di servirLa e la circostanza che uno avesse contribuito agli agi della Padrona in maniera più sostanziosa non era garanzia di mantenimento dello status di servo domestico. Proprio la persona che aveva messo i maggiori mezzi a disposizione per l’acquisto e la ristrutturazione era stata allontanata per gravi violazioni del contratto, ognuno ne aveva firmato uno, e sostituito rapidamente. Una qualsiasi delle Sue foto pubblicata sui siti specializzati con un breve annuncio che la Mistress ricercava un nuovo schiavo a tempo pieno, per sostituire l’allontanato o aggiungerne uno, e venivamo investiti di richieste di schiavi da tutta Italia, pronti a immolarsi per Lei! La selezione preliminare toccava a noi. Un po’ perché voleva occuparsi solo della scelta finale, ed era molto esigente al punto da punirci severamente in caso di proposte che riteneva inadeguate. Un po’ invece era la minaccia sottintesa poiché al vedere la lista di persone pronte a prendere il nostro posto con tanto entusiasmo, ciascuno si rendeva conto di quanto facilmente sostituibili fossimo. Conseguenza ne era un maggiore impegno a soddisfarLa in tutto, orgogliosi ed eccitati di far parte dell’elite di privilegiati ma attenti a non perderne lo status. Era una logica psicologica molto sottile da parte di Mistress Elvira. È una donna riservata, nessuno di noi può dire di conoscerLa se non nei limiti di quanto funzionale a fare sempre quello che La soddisfa. Riservata e discreta, ha i suoi momenti in cui preferisce restare sola e il suo stile di vita Le aveva permesso di vivere in modo a Lei congeniale: autonoma , con molti schiavi che pensano a Lei. Il rapporto femdom professionale comporterebbe degli impegni, agende, scadenze da rispettare, tutte cose che detesta e, più detestabile di tutto, sarebbe quella sgradevole sensazione di esercitare il ruolo di mistress a richiesta, in una logica commerciale, redditizia ma in fondo non vera, non pura. Trovare uno schiavo sufficientemente ricco da pensare a tutto quello che Le serviva sarebbe stato facile e funzionale a certi aspetti della vita privata ma avrebbe rappresentato un vincolo, per il semplice fatto che sarebbe stato difficile anche per Lei ottenere sostentamento e agio da uno schiavo che fosse stato allontanato. Decise così di andare in fondo alle proprie volontà: essere una Regina nel vero senso della parola. Padrona di un ristretto numero di schiavi, pronti a tutto per Lei e disponibili tutto il tempo. Cominciò a pensare all’idea del casolare e cominciò a portarmi in giro per le campagne nel circondario di Milano. Era un po’ quello il mio compito, quello di consigliarLa in scelte estetiche. Non mi è mai sembrato di avere gusto particolare per le cose ma, per qualche ragione, i miei suggerimenti facevano sempre scattare in Lei una molla che La indirizzava nella scelta giusta. Sicuro non mi avrebbe mai preso come elettricista! Da principio non capivo cosa avesse in mente e come intendesse procurarsi le risorse necessarie per il progetto che aveva in mente, e che non conoscevo, ma cominciai ad avere certi pensieri mano a mano che, parlando in occasione delle visite, si delineavano vagamente i contorni di un progetto diverso. Soprattutto mi accorsi che stava predisponendomi alla dedizione totale. Non ci incontravamo a pagamento ma pretese un mensile, molto consistente, che di fatto mi impediva di avere altri svaghi. Inoltre richiese la mia disponibilità totale. Non avevo più una vita privata se non negli scampoli che mi concedeva e pretese l’applicazione rigorosa del contratto, comprese le password di tutti gli account, l’installazione di un app che mi teneva sempre sotto il Suo controllo e tutto quello che possa servire a limitare la libertà. Fu una liberazione, non dovevo più preoccuparmi di organizzarmi per incontrarLa e attendere che mi rispondesse. Ero semplicemente Suo e vivevo in serena attesa degli incontri con la mia Regina, non necessariamente di carattere BDSM, anzi. Più spesso si trattava di commissioni. Avrei scoperto, iniziata l’esperienza nel casolare, che un percorso simile era stato riservato a tutti gli altri. Quando ebbe finito i lavori, eseguiti da personale estraneo alla cerchia dei Suoi schiavi, tanto che nessuno aveva mai visto il luogo in precedenza, a parte me in una visita preliminare, ci convocò tutti insieme e ci spiegò il progetto.
Era un bel casolare, con un corpo centrale a due piani. Al piano superiore si era sistemata in un appartamento molto funzionale e semplice, la camera dove dormiva, una camera armadio adibita a scarpe e vestiti, un grande soggiorno con cucina di pietra a vista, zona salotto separata ma non in una stanza a parte e uno studio dove dipingeva e scriveva. A piano terra aveva allestito uno studio, uno spazio molto ampio in cui trovava posto l’area punizioni, con catene, cavalletti, lettini, gogne, sedie da impalamento e tavole da tortura. In un’altra zona invece aveva allestito una classe vera e propria, con banchi di legno in stile scuola del dopoguerra, lavagna e cattedra. Fummo convocati per un sabato mattina, alle nove. Presi una macchina a noleggio per raggiungere il luogo in tempo. Era un casolare isolato, poco distante dal grazioso borgo nel Parco Sud Milano, facilmente raggiungibile anche con i mezzi, circostanza che sul momento non destò in me molta attenzione ma che era evidentemente decisiva per l’attuazione del progetto. Quando fummo arrivati, ciascuno di noi, sebbene avesse ricevuto una convocazione individuale, comprese che gli altri erano lì per la stessa ragione. Fummo tutti imbarazzati dall’incrociare gli sguardi di altri schiavi, esponendo ciascuno la propria identità al pubblico, seppur ristretto e ragionevolmente fatto di persone nella stessa situazione. Fu sicuramente un elemento che creò solidarietà e facilitò la pubblica esposizione della propria condizione. Tuttavia ciascuno, almeno in quella fase, rappresentava un minaccia, un rivale nella conquista delle effimere attenzioni della Dea. Ci accolse vestita in modo del tutto informale con i capelli sciolti, era primavera e indossava una camicia bianca con una collana colorata, dei jeans e degli stivali di cuoio col tacco basso. Ci diede il benvenuto sorridente e ci invitò a entrare nell’aula. Aspettatemi qui in silenzio assoluto, vado a prepararmi e da sopra potrò sentire tutto e vedere tutto quindi vi conviene ubbidire. Restammo tutti in silenzio per una mezzoretta circa, ciascuno pensando a cosa sarebbe accaduto. Tre uomini e tre donne di età diverse, uniti nell’attesa. Discese completamente trasformata. Aveva raccolto i capelli in uno chignon, la frangetta le dava un aspetto sobrio e sopra la stessa camicia bianca di prima aveva una giacca grigia completata dalla gonna dello stesso colore, al ginocchio con spacco centrale e décollétées nere ai piedi. Le calze, inutile dirlo, erano di seta con la riga nera. Sedette in cattedra e accese il computer e lo schermo. Come una formatrice professionale, aprì una presentazione in powerpoint nella quale descriveva la casa, poi mostrò un profilo di ciascuno di noi. Imparai i nomi dei miei compagni e alcune caratteristiche come professione, età, provenienza, ruolo come schiavo. Poi passò all’illustrazione del progetto. Eravamo stati scelti, fra tanti schiavi, come gli eletti, al servizio permanente della Dea, in una nuova vita totalmente diversa da quanto vissuto fino a quel momento. Immaginai che la selezione fosse stata attenta e ponderata prima di arrivare a quel punto. Cominciai a dare un senso ai cambiamenti dell’ultimo anno e pensare che quell’evento di quella mattina di primavera fosse il compimento inevitabile di un percorso già iniziato, per me e gli altri.
“La vostra vita non sarà più vostra, questa sarà la vostra casa e la vostra prigione. Alcuni di voi si recheranno al lavoro quando necessario, secondo una pianificazione concordata, per il resto lavorerete da qui per garantire il sostentamento della comunità e svolgerete le funzioni domestiche e di servizio alla mia persona. Sarete i miei cuochi, i miei autisti, i miei valletti, le mie vittime, i miei giocattoli erotici. Avrete anche una vita sessuale fra di voi, secondo le combinazioni che via via vi dirò. Non sono permesse storie autonome, ogni volta che farete del sesso, quando, in quanti, come e con chi vi dirò, sarete sempre sotto il mio controllo anche se non assisterò. Adesso tutto questo potrà sembrarvi strano ma la vita di gruppo, il mio controllo totale sulle vostre vite e sulle vostre finanze vi renderanno tutto più chiaro col tempo. È un progetto ambizioso ma è quello che voglio e sono sicura di aver scelto le persone giuste. Siete tutti in grado di assicurare mezzi economici alla riuscita del progetto, tutti di gradevole aspetto, tutti completamente soggiogati alla vostra Signora. Ho studiato a lungo i vostri profili psicologici e il vostro modo di vivere la sottomissione. Non solo siete quelli che preferisco ma siete anche compatibili psicologicamente. Alcuni forse potevano sembrare migliori di voi, per caratteristiche o devozione, ma non li ho ritenuti adatti perché non avrebbero assicurato l’armonia necessaria fra di voi. Sarete una squadra coesa di schiavi, mai in competizione per le attenzioni della vostra Padrona, sempre pronti invece a dare tutto e nella totale devozione a me, vi sentirete uniti in un rapporto quasi religioso. Sarete miei oggetti. Amerete la vostra vita qui e non vorrete più averne una diversa. Per questo vi chiedo adesso, poi non potrete tornare indietro e scoprirete perché, se è quello che volete. Se direte di sì avete 48 ore per portare qui tutto quello che vi serve e, dopo aver ricevuto la mia approvazione della lista di cose che intendete portare con voi, stabilirvi qui per sempre nelle camerette che vi saranno assegnate e che saranno ruotate secondo quanto riterrò opportuno. Se non accetterete queste condizioni sarete irrimediabilmente fuori dalla mia vita perché non intendo più ricevere nessuno occasionalmente.”
Detto questo diede forma a un rituale di intensità erotica indescrivibile. Ci disse di tenere le mani sul banco e il capo reclinato verso il basso. Si avvicinò poi a turno a ciascuno di noi, con le Sue splendide mani laccate di rosso alzava il mento di ognuno perché incrociassimo il Suo sguardo e ci rivolse una domanda che aveva qualcosa di battesimale: lo vuoi? All’inevitabile Sì Padrona, replicava “Allora inginocchiati, baciami i piedi e giura che sarai sempre devoto alla Tua Dea, leale e rispettoso con i Tuoi compagni e ubbidiente senza condizioni.” Poi, con il tacco appoggiato sulla testa ci dava un nuovo nome e con quello ci saremmo riconosciuti e quello fu il nome che ciascuno di noi sentiva proprio. Quando tutti ebbero giurato in un’emozione elettrizzante che si sentiva nell’aria, ricevemmo la seconda parte della lezione. Regole della comunità, programmi di formazione in aula, tipologie di punizione. Ciascuno di noi ebbe il compito di leggere il testo del contratto che tutti avevamo già firmato individualmente ma che adesso acquisiva una nuova veste e doveva essere adattato in alcuni dettagli e quindi firmato di nuovo. Ne demmo lettura collegiale su indicazioni di Mistress Elvira. A me toccò leggere le sanzioni. Per trasgressione leggera: ceffoni, sculacciate, frustate, castigo sui ceci, calpestamento, cbt, torture capezzoli, pesi sui testicoli, sospensioni, immobilizzazioni, umiliazioni. Le sanzioni per trasgressione media: cinghiate, uso battipanni, caning, bastinado, cera su parti intime, zenzero nell’uretra o ano, plug anale tenuto per intera giornata lavorativa, bere l’urina della padrona, bere la propria sborra, sborrarsi in faccia da solo, scosse elettriche sul pene e testicoli, severa fustigazione, ortiche sui genitali. Po le sanzioni per trasgressione grave: umiliazioni pubbliche, impalamento, scosse elettriche con sonda uretrale, scosse elettriche mediante plug anale, 7 giorni di castity cage, asshole canning, canning dei testicoli, ball crushing, Infine le sanzioni per trasgressione gravissima comprendevano il silence treatment, allontanamento dall’harem per tempo indeterminato o annullamento del contratto. Fui percorso dai brividi nel leggere quelle cose in pubblico, a volto scoperto con persone che firmavano lo stesso documento. Benché facessi fatica a pensare ad alcune pratiche come punizioni, e avremmo imparato tutti che quello che ci piaceva fare diventava in realtà un premio, alcune punizioni mi sembravano spaventose e avevo il fiato rotto nel leggerle, altre addirittura impensabili come l’annullamento del contratto. Venne il momento di firmare e fu completata l’opera di impossessamento. A ciascuno di noi, ci disse, era stato imposto nelle settimane precedenti un piercing ai capezzoli. Io avevo dei normali anellini ma, questo è il motivo per il quale ci aveva spiegato che non avremmo più potuto ribellarci, li sostituì con una coppia di piccole ganasce con chiusura magnetica collegata via smartwatch, che dovevamo sempre indossare, al Suo computer dal quale poteva con un semplice clic attivare una piccola scarica elettrica di intensità variabile. Per togliere le ganasce bisognava attivare un codice che conosceva solo Lei. Fece alcune prove con diversa intensità per farci comprendere quanto potere Le stessimo consegnando. La scossa di intensità più alta era davvero tremendamente dolorosa e causava singulti inopportuni in pubblico. Il pensiero di disubbidire a un ordine, sempre impartito tramite l’orologio, era semplicemente una non possibilità. Quelle più lievi erano quasi un gesto di generosità, un piccolo dolore in una zona erogena per pensare alla Padrona e godere dell’onore di essere stati degni della Sua attenzione. Mi inchinai, baciai di nuovo i Suoi piedi e tornai a casa per organizzarmi. Avrei dovuto preparare la lista delle cose che desideravo con me per la Sua approvazione nel pomeriggio. Avrei avuto a disposizione poco più di un giorno per raccogliere l’essenziale e presentarmi di nuovo nella Residenza, come ormai avevamo imparato a chiamarla. Col tempo ci avrebbe permesso di sistemare anche il resto ma, per la vita monacale che ci attendeva, non c’era bisogno di molto. Una volta a casa una breve scossa di media intensità mi fece piegare le gambe, le lettere ME lampeggiarono sull’orologio, risposi e dissi che ero arrivato e che stavo lavorando alla lista. Una nuova scossa molto forte mi fece gemere di dolore. Ricorda di avvisare sempre la Padrona quando arrivi, non sempre ho tempo da perdere per cercarti sull’app. Era una regola nuova, non scritta, ma fece in modo di farmela imparare velocemente.
Vivevo nella Residenza da alcuni mesi, il lavoro mi richiedeva di allontanarmi da essa un paio di volte a settimana regolarmente e, certe rare settimane dell’anno, anche tutti i giorni. Per il resto svolgevo dei compiti per Mistress Elvira soprattutto nella redazione di testi per il sito, nella ricerca di studi che potessero interessarLa, a volte suggerendo letture, altre volte illustrandoLe, in veri e propri seminari studio, i risultati delle mie ricerche con la Padrona sempre molto attenta che mi dava ulteriori indicazioni. Insomma ero Suo. Svolgevo anche funzioni di gabinetto e imparai a distinguere odori e sapori della Sua urina, associandoli anche a stati di alterazione emotiva. Non un solo momento della mia vita era svincolato dalla mia condizione di servo addomesticato. La circostanza che non esistesse più la sessione, l’incontro, il dono, la tortura la liberazione finale rendevano tutto immensamente più piacevole e interessante. Tutto accadeva in un continuo di emozioni che mi tenevano sempre fisicamente eccitato. Ero tornato a una frequenza di erezioni adolescenziali e, come ci aveva anticipato, l’erotismo non La coinvolgeva necessariamente in maniera diretta ma era sempre sotto il Suo controllo. Ebbi un turno in camera con un altro schiavo e imparai a provare piacere nell’esecuzione di compiti, che avrei altrimenti detto ripugnanti, per il fatto stesso che quel pene fra le mani o in bocca o dentro di me era come se fosse il Suo. Poteva controllarci con le telecamere e darci istruzioni mentre eseguivamo i Suoi ordini. Ovviamente preferivo quando mi imponeva di giocare con le donne, particolarmente con Luna, avevamo tutti abbandonato i nostri nomi al momento del battesimo, ma non era tanto per la bellezza, pur notevole, di Luna. Era una donna sui quarant’anni, molto bella, dal seno prosperoso ma incredibilmente tonico. In origine era lesbica e non aveva figli ma, nella residenza, le nostre preferenze sessuali non erano rilevanti. Era rilevante solo l’amore incondizionato per la Dea e il senso di fratellanza fra noi seguaci, come ci chiamava. Luna, mi sembrò, era la donna che più sembrava stimolare il desiderio di Mistress Elvira, con il suo corpo tonico e potente. Aveva i peli delle ascelle non rasati, cosa che la rendeva per me irresistibile. Nella gerarchia di Mistress Elvira i maschi sono più schiavi delle femmine e quando mi imponeva di giocare con maschi c’era uno scambio di ruoli e funzioni di vario tipo in una logica paritaria. Se invece c’era da giocare con una donna avevo sempre il ruolo di sottomesso della sottomessa. Con Luna, gli ordini di Mistress Elvira, il seno e l’afrore afrodisiaco delle sue ascelle mi tramortivano implacabilmente. Luna se ne accorse ed ebbe una qualche tendenza a dominarmi di sua iniziativa. Benché lesbica, non sempre poteva godere dei piaceri di Mistress Elvira o delle altre due schiave e quindi era ben felice che la mia lingua si applicasse per il Suo piacere. Mistress Elvira colse una violazione del senso di comunità in quella specie di rapporto privilegiato e ci punì entrambi con l’isolamento. Per oltre un mese non avemmo contatti intimi né con la Mistress né con alcuno degli altri schiavi. Ogni giorno ricevevamo punizioni fisiche molto severe, di quelle previste per le mancanze lievi, bendati senza sapere chi le comminava. Chiusi nelle stanze delle punizioni in isolamento, appena sentivamo il catenaccio dovevamo coprirci il volto e docilmente lasciarci condurre nella stanza delle torture dove chissà chi, la Padrona, gli altri schiavi, altre mistress o master amici della Padrona, ci comminava dolorose ed estenuanti punizioni. Uscii da quell’esperienza dolorante e malconcio, dimagrito e indebolito nel corpo e nello spirito. Tuttavia, e non poteva essere altrimenti, rinvigorito nel desiderio di essere Suo a quelle condizioni, terrorizzato al solo pensiero di potere essere allontanato dalla Residenza e grato alla Padrona di avermi facilitato la comprensione di cosa voglia dire essere membri della comunità dei Suoi devoti. La segregazione finì un giorno così come era iniziata. Fui condotto dalla Mistress nudo e bendato. in ginocchio davanti a Lei, sentii le dita sul mio petto, l’erezione fu immediata. Risentii dopo tanto tempo la Sua voce così suadente e così autoritaria. Sentii le ganasce allentarsi e le tolse dai miei capezzoli. Ne prese il controllo diretto dopo oltre un mese mentre una mano mi tolse il cappuccio e vidi il Suo ventre morbido e sensuale come mai davanti ai miei occhi, guardai immediatamente verso il basso per ammirare le mutande di pizzo, il reggicalze e le scarpe col tacco altissimo, strinse più forte e mi ordinò di guardarLa. Con un sorriso trionfante mi chiese Sei felice? Risposi di sì piangendo e appoggiandomi al Suo ventre mentre Luna, dietro di me, con la mano destra cominciò a masturbarmi e con la sinistra muoveva ritmicamente dentro di me un grosso fallo. Mi volle ai Suoi piedi e sedette sulla poltrona dietro di Lei, appoggiandomi i piedi sopra. Adesso fammi sentire le tue unghia come sai fare tu. Mi girai cominciai ad accarezzarLe le gambe come mi aveva insegnato. Luna intanto si era alzata e, messasi alle Sue spalle, le accarezzava i capelli e il seno, poi di fianco ad occuparsi solo del seno mentre, a un cenno della Padrona, il suo piede scivolò sul mio pene lubrificato da oltre mezzora di erezione. Muoveva il piede ritmicamente mentre un piede della Mistress era ormai stabilmente piantato sul mio viso e l’altro muoveva sempre più energicamente sul mio petto. Luna, su ordine della Padrona, si mise in ginocchio di fronte a Lei e, con la perizia atletica che tanto apprezzavo, leccò avidamente il sesso della Padrona, accarezzandole i seni in maniera sempre più intensa da farLa gemere mentre le sue ginocchia con lo stesso incedere si muovevano sul mio pene e sul mio petto. Riuscì a farci venire entrambi nello stesso momento. Fu come aver fatto l’amore con la mia Dea, da oggetto tramite un altro oggetto. Adesso mentre io mi godo l’orgasmo, siedi sul volto dello schiavo che ti darà a sua volta un orgasmo. La leccai con amore per la mia Dea e desiderio irrefrenabile per il suo aroma. Mi inondò di liquido in una serie di singulti, agevolati dalla Padrona che, ripresasi dall’estasi dell’orgasmo, le stringeva forte il seno. Crollò ai piedi della Dea mentre io ero segnato dal suo odore. La voce della Mistress fu implacabile. Ubbiditemi sempre, rispettate le regole e vi renderò felici. La vostra vita mia appartiene ormai e l’unica opzione per voi è l’obbedienza. Si Padrona rispondemmo all’unisono. Avevamo capito la lezione ed eravamo totalmente Sua proprietà. Felici di esserlo.