Scritto da: Dasa
Pubblicato da: Elvira Nazzarri
La ragnatela è una sottile tela costituita da fili microscopici che i ragni tessono allo scopo di intrappolare le proprie prede, in genere insetti, recita sobria e didascalica Wikipedia. Un breve scambio di messaggi su Whatsapp, di quelli in cui, con una breve frase, mi fa eccitare come se fossi accarezzato dalle mani sapienti di tre donne contemporaneamente: azzerami Padrona, La imploro, sono così sopraffatto dal Suo dominio che non tollero la mia identità, vorrei solo esistere in quanto Suo schiavo. Le è tutto molto chiaro. Due disegnini, uno di fianco all’altro, e mi spiega con la consueta ironia cosa mi sta succedendo. Un ragnetto e una ragnatela. Sono caduto nella Tua tela? chiedo, “Sì”, e sparisce senza aggiungere altro.
Da quel momento mi vedo come sono in realtà, mi sento come sono in realtà e vedo una scena molto eccitante: sono imprigionato dentro una rete fittissima ed elastica di fibra sottilissima, delicata eppure così potente da sorreggere il mio corpo, attutirne l’impatto, adattarsi alle mie forme per rendere il mio stesso corpo privo di gravità, appeso al nulla e prigioniero dei miei stessi movimenti. Una consistenza mielosa che si appiccica al mio corpo e mi tiene immobilizzato coi profumi seducenti del Suo splendido corpo. È una metafora particolarmente adeguata a quello che accade in realtà. Dimenarsi non serve a nulla se non ad intricare ancor di più la fitta rete e rendermi, semmai possibile, ancor più difficile muovermi. Riverso a faccia in su, completamente inebetito e rassegnato ai fili sensuali che mi avvolgono, osservo la mia splendida Predatrice, vestita di nero, in quel Suo onnipresente reggicalze, il reggiseno di pizzo con il perfido laccio che attraversa la parte alta del seno, esaltandone l’imperiosa sfida vincente alla gravità, cedo al Suo sorriso sardonico, un po’ civettuolo e un po’ spietato mentre mi guarda sempre più indebolito. Sta aspettando che la preda sia completamente sopraffatta per divorarla e io non vedo l’ora che le forze mi abbandonino totalmente ed essere il Suo fiero pasto, annientato e finalmente leggero, privato di ogni inutile fardello di orgoglio.
Come un insetto mi sono imbattuto in Lei qualche anno fa. L’impatto fu in effetti fragoroso ma, esattamente come la tela del ragno è costruita per reggere l’urto degli insetti in volo, così la Sua tela assorbi il mio desiderio, scaturito immediatamente, e lo domò e indirizzò secondo la Sua volontà. I primi secondi ai Suoi piedi, che ho già descritto altrove, furono un’esplosione poderosa di sensualità ed erotismo raffinato e potente. L’erezione immediata, l’atmosfera drammatica come si conviene a un atto di dominazione e privazione di libertà, tutto aveva una potenza d’urto potenzialmente destabilizzante. Invece, la Sua voce tranquilla, le Sue mani sapienti, la perfezione della Sua figura e il magnetismo del Suo sguardo agirono come la tela, elastica e resistente.
Con l’andare del tempo, mano a mano che imparò a conoscermi e governarmi, mi stimolò di continuo per spingermi a desiderarLa sempre di più. Inducendomi a muovermi dentro la tela che mi imprigionava, alla vana ricerca della Sua immensa sensualità, faceva in modo che la tela si intrecciasse intorno a me. Solleticava sempre più il mio desiderio per intrappolarmi e non potevo sottrarmi ai Suoi stimoli, non potevo non causare la mia stessa, ulteriore e definitiva sottomissione.
Quando cominciai a capire che ero ormai preda, godetti della viscosità dei fili che mi aveva intessuto intorno e dove mi teneva imprigionato. Sempre più indebolito oggi la guardo trionfare. Non ho più resistenze, ho ancora un ego la cui sopravvivenza so dipendere solo da Lei, dal Suo arbitrio. Così, rilassato e serenamente prigioniero, non mi dimeno più, del resto sono totalmente impossibilitato a muovermi. Posso solo ammirarLa, desiderarLa e ubbidirLe, nella speranza che mi conceda un briciolo della Sua attenzione.
Presto non avrò più forze e sarò solo la Sua preda, il nutrimento per l’incontenibile e trionfale divina vanità della mia Signora. Quel momento, sospetto, sarà forse un doloroso passaggio ma poi sarò finalmente me stesso: un uomo che vive per cantare e testimoniare la superiorità di Mistress Elvira, Signora potente e implacabile del mio destino. Oltre questo il vuoto. La mia identità totalmente trasformata in quella dello schiavo nella cui devota sottomissione si specchia il trionfo assoluto della Regina Aracnide.