Scritto da Ambrogio
Pubblicato da Elvira Nazzarri
E’ un tranquillo pomeriggio d’inverno. La Signora è in casa mentre il fedele Ambrogio sbriga le mansioni che Lei gli ha assegnato. Ma la Signora non si accontenta di essere servita. Pretende anche di divertirsi… E così, mentre sorseggia la Sua tisana e legge svogliatamente un fumetto d’autore, la Sua fertile fantasia si mette all’opera… Impugna la campanella che tiene sempre a portata di mano per richiamare l’attenzione di Ambrogio, al quale ha insegnato che al primo scampanellio deve precipitarsi da Lei interrompendo immediatamente qualsiasi altra attività.
Ambrogio conosce bene quella regola (come le molte altre che la sua Signora gli ha insegnato, spesso ricorrendo a metodi “didattici” assai efficaci…), ma in quel momento era impegnato nel riordino del cassetto in cui è custodita una parte dell’infinita collezione di biancheria intima della sua Signora. Un’attività che gli richiede sempre la massima concentrazione, ma gli procura anche una insidiosa tendenza a… fantasticare! «Allora!?!?! Sei diventato sordo?!?!? Non senti che ti sto chiamando??!?!» Gli grida la Signora spazientita. E senza attendere replica, lo incalza «Ah già! Lo so bene perché tardi a sentire: avrai la testa in qualche fantasia da porcello, come sempre quando maneggi la mia biancheria!!!».
Alla voce irritata e imperiosa della Signora, Ambrogio si riscosse (era effettivamente “in volo” come Lei aveva infallibilmente supposto). E Le si presenta davanti balbettando qualche scusa: «Mi perdoni, Signora, La prego! Ero tutto preso nel mettere a posto i Suoi reggicalze e…». Ma Lei non lo lasciò finire: «Non accampare scuse pietose. Quando ti assegno quel compito ci metti sempre delle ore! Invece se devi fare altri lavori, da te evidentemente ritenuti meno…diciamo…. “impegnativi”… te la sbrighi in un attimo!».
Ambrogio tenta una timida replica: «Nonono, Signora, mi creda, metto sempre lo stesso massimo impegno in ogni servizio…». Al che Lei, proseguendo nel Suo “copione” che stava creando, lo interruppe bruscamente: «Ah sì? Adesso vediamo: prendi scopino e paletta e comincia a pulire il pavimento davanti a me! Svelto!». Ambrogio obbedì immediatamente. «Scopa qui, proprio davanti alla mia sedia. Sento chiaramente la polvere sotto le suole delle scarpe!!! Quanto tempo è che non scopi????» e poi, sarcasticamente, aggiunse «Ah già, dimenticavo! Tu sei un amante dei piaceri solitari!!!!» E proruppe in una risata argentina.
Ambrogio, obbediente e rassegnato, si avvicinò come ordinatogli. E allora la sua capricciosa Signora, accavallò la gamba, cominciando a far dondolare il piedino rivestito di un’elegante decolleté di vernice proprio sotto il naso di Ambrogio, impegnato a pulire il pavimento. Così lui poté osservare da vicino la deliziosa immagine dell’attaccatura delle dita del piedino, una delle visioni più celestiali per Ambrogio, resa ancor più conturbante dalla lieve increspatura della finissima calza indossata dalla sua Signora, proprio in prossimità dell’orlo della tomaia: là dove le perfette dita del piedino scomparivano alla sua vista lubrica… Come sempre accadeva in tali circostanze, al povero Ambrogio cominciarono a ronzare le orecchie e gli si accorciò il respiro, mentre avvertiva il formarsi di una tumultuosa erezione: un fenomeno che Ambrosio sapeva essere quasi sempre foriero di ulteriori complicazioni se la Signora se ne fosse accorta…
E infatti Lei non ci mise molto a percepire quanto stava accadendo al Suo servo (anche perché era esattamente ciò che Lei aveva in mente di provocare…). «Beh? Che ti succede? Cos’è questo respiro affannoso? Sei entrato così bene nella parte che adesso pensi di essere un aspirapolvere?????». E di nuovo la sonora risata della Signora risuonò nella stanza. «Avanti, vediamo se il tuo cervellino ti permette di fare due cose in una volta» e ciò detto, la Signora distese le Sue splendide gambe sulla schiena di Ambrogio, impegnato nella pulizia del pavimento. «Dopotutto si tratta di due cose che dovrebbero essere alla tua portata: pulire per terra e farmi da sgabello!»
Ambrogio arrossì, ma nel suo intimo avvertì un’onda di piacere sentendosi “usato” dalla sua Signora. Dopo un tempo che ad Ambrogio parve infinito, la Signora cessò quella provocazione. Ma si trattava solo di un cambio di musica: il “concerto” era destinato a continuare… Infatti Ella si alzò di scatto e ordinò: «Basta adesso! Vedi di controllare la riga delle calze che me le sento messe male!» Era un altro di quegli ordini che Ambrogio conosceva bene e, proprio per tale motivo, non sapeva mai se compiacersi di averlo ricevuto o preoccuparsi per quanto la sua esecuzione avrebbe potuto causargli… «Subito, mia Signora…»
Ambrogio cominciò ad assestare con estrema delicatezza le calze della sua Signora, risalendo con le sue mani guantate lungo gli snelli polpacci e fino agli incavi retrostanti le ginocchia perfette. Lei lasciava fare… Poi, un po’ spazientita, domandò: «Allora? Come va? Ci siamo?». «Signora, credo che siano da raddrizzare anche più in alto… sotto la gonna, intendo….» disse Ambrogio con un filo di voce, cercando disperatamente di conservare il controllo di sé (ma soprattutto del suo “amico”, laggiù, di cui, in quelle situazioni, non sapeva se sentirsi “fiero” o se lo dovesse invece “maledire”…). «E beh? Allora fallo, no? Mica posso restare qui tutto il pomeriggio!!!».
Ambrogio allora, facendo appello a tutto il suo self-control (peraltro scarsino…), si lanciò nell’impresa, infilando con la massima circospezione le sue mani, tremanti per l’emozione e il desiderio, sotto la gonna della Signora, risalendo fino alla balza delle calze per aggiustarle come si deve. A quel punto la Signora, che indossava una gonna con due profondi spacchi laterali, con una mossa rapida e civettutola, ne alzò la parte posteriore, esibendo così a pochi centimetri dal volto paonazzo di Ambrogio tutta la perfezione delle Sue natiche incorniciate dal reggicalze e separate dalla linea sottile dello slip di seta nera che portava. «Ecco, così ci vedi meglio! Dato che sei pure miope e di certo in questo momento ti si saranno pure appannati gli occhiali!!!». Seguì un’altra scrosciante risata, che provocò pure una deliziosa “sculettata” da parte della Signora. E anche in questo caso la Signora aveva indovinato… Ambrogio, boccheggiante e frastornato da quell’”apparizione”, era rimasto imbambolato con le dita infilate nelle balze delle calze, ma senza più energie sufficienti per manovrarle, mentre in mezzo alle gambe si sentiva una specie di vulcano prossimo all’eruzione.
Ma con uno sforzo sovrumano riuscì a riprendersi, completando l’operazione e dicendo con un filo di voce: «Ecco, mia Signora, ora ho fatto…». La Signora, che stava ancora dando le spalle ad Ambrogio, si girò di scatto e, socchiudendo uno degli spacchi anteriori della gonna, si rivolse ad Ambrogio con voce adirata: «Sei proprio un inetto! Mentre mi “ravanavi” con quelle tue zampacce nelle balze delle calze, mi hai fatto saltare un gancetto del reggicalze! Rimedia subito!» Ambrogio era certo che l’apertura del gancetto non dipendesse dal suo intervento, ma da un’abile mossa della Signora mentre gli dava ancora le spalle. Ma siccome era assolutamente consapevole della piega che aveva preso la giornata (non era la prima volta e non sarebbe stata l’ultima…), rispose con voce umile: «Mi perdoni Signora, ora provvedo subito». E con le mani ancora scosse dal tremito della permanente eccitazione si mise d’impegno per riagganciare la calza al reggicalze.
Ma con le mani tremanti e indossando i guanti bianchi di prammatica, l’operazione si rivelò assai complicata. Senza dire che si svolgeva con la faccia di Ambrogio a pochi centimetri dalla coscia statuaria della sua Signora, fasciata dalla splendida calza velata… «Ma insomma! Quanto ci vuole?!?! E poi, cos’è questo tremore nelle mani? Avrai mica un Parkinson precoce?!?!» Commentò spazientita la Signora, aggiungendo con perfida volontà di umiliare: «Altro che Parkinson! Sono le pugnette che continui a farti tutte le volte che ti lascio solo!!!» La frase ebbe l’effetto miracoloso di provocare il tanto atteso “aggancio” fra il reggicalze e la balza della calza, e così la “tortura” (se così si può dire…) di Ambrogio cessò. Ma la giornata era ancora lunga e la Signora piena di idee…
«Ora controlliamo se hai pulito a dovere il pavimento!». Così dicendo la Signora comincia a passeggiare avanti e indietro. Poi ad un tratto si ferma e ordina ad Ambrogio: «Posizione sdraio!». Era uno degli ordini “codificati” che Ambrogio era stato addestrato a comprendere ed eseguire all’istante. La posizione venne subito assunta da Ambrogio, sdraiandosi supino con le gambe flesse come se fossero la spalliera regolabile appunto di una sedia a sdraio con incorporato poggia-piedi (la faccia di Ambrogio). E la Signora si accomodò, allungando le gambe verso la testa di Ambrogio, così porgendogli i Suoi piedini calzati dalle splendide decolleté di vernice e ordinandogli: «Controlla se le suole sono perfettamente pulite o hanno raccolto ancora della polvere!» Ambrogio osservò attentamente e non poté fare a meno di notare che, nonostante il suo lavoro di poco prima, le suole delle scarpine nuove avevano comunque raccolto qualche granello di polvere che si stagliava sul colore chiaro delle suole ancora intonse.
Addestrato a non mentire mai alla sua Signora, confessò: «Non so come sia potuto accadere, mia Signora, ma effettivamente, purtroppo, qualche granello di polvere è rimasto attaccato alle Sue suole…». «Lo immaginavo! Sei il solito incapace! Adesso rimedierai! Quanto alla punizione che ti sei meritato, ci penserò dopo. Tira fuori la lingua e pulisci a specchio le suole delle mie scarpine nuove! E senza dimenticare i tacchi! Svelto!».
E così Ambrogio fece. La sua lingua percorse in lungo e in largo le suole della Sua Signora, succhiando diligentemente anche gli alti e sottili tacchi a spillo, fino a che Lei non gli ordinò di fermarsi ma restando con la lingua fuori nella sua massima estensione per permetterLe di passarci e ripassarci sopra le suole, non fidandosi 4 della prima “passata” fatta da Ambrogio. Il tutto mentre Lei se ne stava sempre comodamente adagiata sul corpo del Suo servo, “configurato” nella posizione “sdraio”. Ambrogio era di nuovo in uno stato di eccitazione travolgente. Dalla sua posizione vedeva le suole della sua Signora che si avvicinavano ritmicamente alla sua bocca, strofinandosi sulla sua lingua come se fosse un piccolo zerbino. Ma quel movimento gli faceva intravvedere anche molto altro: le gambe perfette della Signora, inguainate nelle finissime calze velate, che si muovevano come due meravigliosi stantuffi di piacere… e poi, più lontano, ma sempre vicino, l’aprirsi e il chiudersi degli spacchi della gonna lasciavano intravvedere ogni tanto, per qualche fuggevole secondo, il triangolo di seta nera che celava la Divina Intimità della Sua Signora.
Luogo inaccessibile ad Ambrogio anche soltanto con la fantasia… Tale situazione era poi “aggravata” dal fatto che Ambrogio avvertiva sul suo corpo – e più precisamente sul suo basso-ventre – il dolce peso della Signora, che lo stava appunto anche usando come “sdraio”… E ciò procurava ad Ambrogio una sensazione di indescrivibile piacere sia mentale che fisico. Unico neo, la sua preoccupazione crescente circa le doti di “resistenza” del suo “amico-nemico”, che si ritrovava ora appena sotto le meravigliose natiche della sua Dea, la soda morbidezza delle quali poteva percepire fisicamente. Ma il peggio (o il meglio?) doveva ancora arrivare.
A un certo punto la Signora cessò l’andirivieni delle suole sulla lingua (ormai quasi consunta) di Ambrogio, e gli ordinò di sfilarLe una scarpina e dargliela affinché Lei potesse controllare lo stato di pulizia della suola. Ambrogio (che, come spesso gli accadeva, non sapeva se rallegrarsi o preoccuparsi per quell’ordine), eseguì subito, sfilando delicatamente la scarpina destra a pochi centimetri dal suo viso, dalla sua bocca, dal suo naso, dalle sue orecchie… Così poté inebriarsi della fragranza del piedino tiepido che fuoriusciva lentamente dalla scarpetta, un delizioso mix di cuoio nuovo e del profumo naturale della Signora accompagnato dalla “musica” del fruscio provocato dalla finissima calza che scivolava sulla vernice. Ambrogio era prossimo all’estasi… Tanto che non si accorse neppure subito che la sua Signora, perfettamente consapevole della situazione, mentre prendeva in mano la scarpina per controllarne la suola, adagiò maliziosamente il piedino rimasto nudo sulla faccia di Ambrogio, sussurrandogli con voce calda e suadente:
«Annusa…».
E Ambrogio avvertì come una scossa elettrica. Inalò l’aroma che gli veniva così generosamente elargito, cercando di espandere il più possibile i polmoni. E quando gli sembrava di non poter ormai immaginare nulla di più eccitante, udì nuovamente la voce della sua Signora, che sembrava provenire da un’altra dimensione, sussurrare: «Lecca…».
Ambrogio (o ciò che ne restava….) affondò la lingua turgida nell’incavo fra la pianta e l’attaccatura delle dita del piedino ed eseguì l’ordine. Avvertiva nelle narici dilatate la fragranza del piedino e sulla punta della lingua la morbidezza serica della calza che lo avvolgeva. Le orecchie gli trasmettevano il fruscio che il piedino fasciato dalla calza produceva, strofinandosi sul suo volto. Infatti la sua Signora partecipava attivamente all’esercizio…«Avanti, muovi quella lingua… porco! Voglio sentirla che si insinua sotto le dita…» e così dicendo muoveva ritmicamente il piedino.
Ambrogio era in trance… Inavvertitamente il suo bacino eseguì un movimento in sintonia con quello della lingua e del piedino. La Signora se ne accorse subito, e lo gelò: «Cosa sono questi movimenti! Resta immobile come la sdraio che sei! Non voglio percepire altro movimento che quello della tua lingua! Anzi, adesso basta! Rimettimi la scarpa!». Ambrogio, facendosi violenza, riuscì a interrompersi, staccare il piedino dalla sua bocca, diventata una specie di enorme ventosa, e a ricalzarlo delicatamente con la scarpina. Appena l’operazione fu completata, la Signora agilmente si alzò, e si rivolse ad Ambrogio dicendogli: «E adesso parliamo della punizione! Non ti sarai mica illuso che nel “trambusto” me la sia dimenticata, vero?».
Ambrogio La conosceva ormai abbastanza per non farsi tali illusioni. Solo si augurava che il trattamento che Le aveva praticato fino a quel momento, e che la Signora era sembrata gradire, servisse a mitigare un po’ ciò che lo aspettava. In fondo – pensava – non si trattava di una mancanza particolarmente grave: solo qualche granello di polvere che comunque lui aveva diligentemente rimosso dalle suole della Signora con la lingua! Ma si sbagliava. «Vammi a prendere il frustino di cuoio rosso!» Ambrogio si terrorizzò… Si aspettava una sculacciata, invece…. Era il frustino che temeva di più, quello delle punizioni severe… «Ma, Signora, La prego… La supplico… quello no… sia comprensiva… Ho rimediato al mio errore ripulendo le suole con la lingua come mi aveva ordinato!»
«Come osi contraddirmi!» gli rispose la Signora visibilmente adirata «Sono solo io che stabilisco il tipo di punizione che hai meritato!» «E comunque, sappi che la punizione non riguarda solo l’inqualificabile distrazione nella pulizia del pavimento! Stamani ho ispezionato il tuo stanzino e ho trovato… questo!» Ad Ambrogio si gelò il cuore: la Signora gli stava mostrando ciò che era stato per mesi il suo (di Ambrogio) piccolo grande tesoro segreto: un vecchio perizoma che la Signora gli aveva ordinato di buttare via perché non lo usava più, ma che lui aveva invece conservato e con il quale spesso si “consolava” la notte quando, sfinito e permanentemente eccitato, la sua Signora lo congedava permettendogli di ritirarsi nel suo stanzino per dormire. Ambrogio capì che poteva solo tacere… Portò il frustino rosso alla sua Signora e si mise in posizione per ricevere da Lei la meritata punizione…