Scritto da Sidecar
Pubblicato da Elvira Nazzarri
Essere un affermato professionista di quaranta anni in Milano richiedeva ad Andrea di prendere almeno dieci decisioni importanti ogni giorno. E questo gli piaceva, lo esaltava, era la prova indiscussa del suo potere e della sua affermazione professionale, Andrea del resto non aveva motivi per lamentarsi, una vita agiata, la buona borghesia di Milano, le scuole e la famiglia giusta, anche se molto rigida, avevano reso il suo percorso facile e anche troppo banale per certi versi, come il suo successo. Eppure se lo sentiva, alla sua vita era come se mancasse un tassello, a livello inconscio ne aveva la consapevolezza.
Sino a quando in un tranquillo pomeriggio di quattro anni fa era andato per gioco su uno di quei siti (la gabbia) che descrivevano un mondo per lui sino ad allora sconosciuto e reputato (secondo rigidi criteri, quasi al limite del puritano) sconveniente. Proprio questi sciocchi pregiudizi lo avevano tenuto lontano da questa realtà ma oggi in quel pomeriggio di venerdì la sua testa stava per la prima volta scrutando questo mondo. E proprio lì per puro caso o destino, aveva visto la foto della donna destinata diventare la Sua Padrona, la Sua Dea e Divina Signora. Mistress Elvira.
Gli era apparso da subito che quella splendida ragazza avesse qualcosa di particolare, per meglio dire di fuori del comune, non era solo un indiscussa bellezza e fascino, vi era un misto di altera autorevolezza unita a una superiorità che si lasciava trasparire con una classe che non aveva uguali.
Come faceva sempre Andrea quando qualcosa o qualcuna lo attraeva si era incaponito, doveva conoscerla e ovviamente secondo il suo stantio modo di pensare annoverarla alle persone conquistate. Era solo questione di tempo e in questo caso di un anomalo modo per conoscerla, ma che diamine lui era il dottor “Andrea Accorsi”, due master, un grosso studio, non si sarebbe certo fermato di fronte a una difficoltà come questa. Dopo una serie di tentativi di colloquio più o meno estenuanti si convinse, chat, mail di vario genere, in cui più o meno Andrea aveva cercato con baldanza di fissare un appuntamento con la Divina Evira come se si trattasse di prenotare un tavolo in un ristorante esclusivo, si decise ad andare da Lei alle sue condizioni, o per lo meno per la curiosità di vedere come era il personaggio che si era immaginato.
Arrivò prima Andrea, trovandosi di fronte uno splendido spazio, arredato con attrezzi di tortura di ogni genere e spazi dedicati alle più strane e diverse fantasie, una location classica nello stile bdsm.
Si sentiva in qualche modo fuori posto, aveva letto, visto sui siti di questi luoghi dedicati alla esaltazione della sacralità delle padrone e al sacrificio e sottomissione degli schiavi, ma aveva sempre pensato che si trattasse di luoghi dedicati a pochi sfigati con qualche problema comportamentale e di adattamento. Non aveva neanche lontanamente l’idea di quanto lo aspettava.
Un tratto, all’improvviso, come un tuono che squarcia il sereno, apparve Lei, la Divina e unica Padrona, Miss Elvira. Difficile per Andrea ripercorre con la mente e il cuore quel momento uno strano turbamento commisto a una irrequieta paura lo colse. Non era decisamente a suo agio, non era da lui, entrava in un ambiente per dominarlo, per diventarne padrone, quella bella affascinante donna metteva in discussione le sue certezze. Vestiva di nero, un colore a lui preferito, sensuale ma non volgare, calze nere con reggicalze trasparenti, di gran gusto e fatta, e indossava ai piedi scarpe nere di vernice con un decolté non eccessivo, vagamente vintage ma indossato con una classe unica. La chioma di un scuro forte faceva al paio con due splendidi occhi neri che ti guardavano a fondo con intensità di chi di vuole arrivare a guardare l’anima e impadronirsene.
Era tranquilla, in piedi, accomodandosi seduta su una scrivania di rovere stile ottocento e con uno splendido paio di guanti neri, tenendo forte nella destra un frustino che lasciva presagire tutto e il suo contrario.
Andrea ricordava ancora le sue prime parole ferme e decise, con garbo e pronunciate in modo chiaro: ” ti presenti così alla tua Padrona?” la sua risposta non poteva che essere tanto secca e contraria, era abituato a rispondere, a replicare sempre. Il contraddittorio lo divertiva e esaltava la dialettica per affermare la sua ragione sempre. Ora stava andando diversamente però, lo sentiva, lo percepiva e come capitava quando era nervoso cominciò a parlare tanto quasi pensasse di dover trovare forza nelle sue parole contro quella splendida e Divina Dea che da poco più di un metro e sessanta lo stava sovrastando in modo così imperioso. Farfuglio’ varie cose e alla fine disse: “io non ho né mai avuto Padrone e non ne avrò mai!”. Disse queste ultime parole quasi a convincersi, quasi a dover tranquillizzare se stesso contro un uragano, la Padrona Elvira che procedeva nella sua direzione con la forza di chi è in grado di spazzare certezze recondite e falsamente consolidate.
Lei, la Padrona, le fece cadere nel vuoto quasi non fossero importanti per il solo fatto che si permettevano di contraddirla. “Ne sei sicuro ?” disse “ne sei proprio sicuro?”. Quella domanda così forte e imperiosa da parte della Dea lo lasciò spiazzato. Sicuro, certo che ne era sicuro, pensò Andrea, lui il dottore, affermato professionista con una Padrona, ma per quanto nella sua mente tutto ciò sembrasse assurdo la forza, la persuasione di quella affascinante donna lo aveva spiazzato e rispose:
“Certo che ne sono sicuro, anzi sono talmente sicuro che sono disposto a fare una scommessa con Lei.” Gli piaceva scommettere, ma non il gioco la competizione lo esalta, era la sua adrenalina.
Quello che Andrea non sapeva è che anche la Divina Elvira conosceva bene molto bene lo spirito della scommessa e della competizione.” Sono disposto ” disse sicuro con sicurezza che aveva già però un malcelato senso di confusione a scommettere con Lei che se in tre sedute non mi avrà trasformato in una suo schiavo Lei diventerà mia, per sempre la mia schiava il mio oggetto la mia amante, quello che vorrò. Ecco, un po’ perché confuso, un po’ perché nervoso ma anche perché attratto in qualche modo strano Andrea stava scommettendo la sua vita con quella arroganza e prepotenza che lo contraddistingueva, ma in questo caso, scommettendo con una Dea, e questo fu il principio o meglio la sua fine. Per meglio dire la fine di quell’uomo sino allora conosciuto.
La mistress lo guardò in silenzio studiandolo e riservandogli uno di quegli straordinari sorrisi forti e ambigui ficcando i suoi splendidi occhi nei suoi e dopo un attimo rispose: ”va bene, accetto, ma ricorda in caso di perdita tua sarai mio e mio per sempre”. disse la Divina. E così si lasciarono, si accordarono per la prima seduta dopo una settimana. Andrea si congedò e mentre se ne andava lo assalì uno strano senso di inquietudine quasi un presagio.
Dopo una settimana come da accordi si rividero. Lui era meno sicuro, più imbarazzato ma molto incuriosito, aveva pensato tutta la settimana a quella bella e affascinante signora incontrata.
Non era solo bella, aveva qualcosa di magnetico che ti sapeva rapire, in qualche modo unico e irripetibile. Andrea aveva avuto e conosciuto tante belle donne ma lei era di più, sapeva prenderti e rapirti. Lo fece aspettare qualche minuto che sembrava interminabile nell’accogliente ingresso che fungeva da salone con scrivania. Dopo un po’ comparve. Era unica da togliere il fiato. Vestita di rosso fuoco scarpe decolté rosse calze di un nero trasparente vagamente retrò di grande fatta e nella mano destra il suo frustino. “Non saluti come si deve??” disse Lei. E lui ,un po’ perché attratto da quei divini piedini e da quel portamento regale fece qualcosa di inatteso di assolutamente imprevedibile per lui. Si chinò e dopo averle chiesto il permesso le baciò la punta delle scarpe in segno di saluto, non capiva era stordito. Ma insieme a questo stordimento vi era un senso di non comprensibile compiacimento in un gesto per lui così servile e, palesemente secondo i suoi canoni, di potere. Eppure la sensazione inebriante che aveva provato nel chinarsi di fronte a lei era unica, quasi un presagio un oscuro monito di quello che sarebbe stata la sua vita poi. Lei la divina Miss Elvira lo guardava dall’alto e ne era visibilmente compiaciuta. “Bene”, disse Lei, “bravo cominci a capire..ma devi esercitarti ..” A quel punto, sia pure ipnotizzato, si alzò, ricompose e congedò, per quanto cercasse di allontanarsi e riprendersi la cosa lo aveva turbato e colpito. Andrea cercava come al solito, vittima della sua mente analitica, di razionalizzare l’accaduto. Ma per quanto provasse e riprovasse non era possibile. Nei giorni successivi cercò,senza esito, di allontanare il pensiero di quanto accaduto. Ma la bellezza, la forza, lo straordinario magnetismo di quella donna divina gli tornavano alla mente. E fu così che un po’ per dimostrare a se stesso che poteva battere quella donna, un po’ perché non ne vedeva l’ora, si recò al secondo appuntamento dei tre previsti dalla scommessa.
Era sempre meno sicuro, cominciava a serpeggiare la consapevolezza che non avrebbe controllato tutto come voleva… che in questo caso nulla era scritto e che non conosceva il finale con certezza di questa vicenda che poteva riservare a lui delle sorprese.
Entrò nel salone adibito all’incontro. Lei la divina Miss Elvira si fece attendere…
A un certo punto apparve. Indossava un vestito nero con una gonna non corta e un piccolo spacco all’altezza del ginocchio che esaltava in fine e insuperabile la Sua straordinaria bellezza mettendo in evidenza una gamba praticamente perfetta ben tornita e con polpacci di rara bellezza che facevano il paio con i suoi divini piedi che erano ben evidenziati da una decolté nero con un tacco 12 divinamente indossate e in bella evidenza. Completavano il quadro una camicetta di seta nera e un cappello anni cinquanta che lei indossava con un portamento veramente naturale, il frustino nella mano destra completava il quadro, a questo punto accade l’inevitabile. Di sua iniziativa Lui le si gettò ai piedi baciandoli e leccandoli con grande rispetto e una sincera e immensa ammirazione ne era diventato dipendente, era meglio riconoscerlo con onestà a Lei e a se stesso. “Bene”, disse la Padrona Elvira, “hai perso la scommessa e quindi trai le conseguenze!”. “Sì signora”, disse Andrea, “da oggi sarò il vostro schiavo il vostro servo e la vostra proprietà, vi servirò con venerazione e adorazione per il resto della vita.” “Ottimo”, disse la Divina Elvira, “ con questo atto suggelliamo il tuo assoggettamento in schiavitù e la sconfitta della tua impudenza”, disse Lei, mentre lo legava e preparava per essere frustato. Aveva perso la scommessa decisamente e senza scampo, ma assaporava il piacere di esserle schiavo a vita, il privilegio. In un certo qual modo aveva vinto.