Scritto da: G.
Pubblicato da: Elvira Nazzarri (ricordo ai cari lettori che i racconti sono espressioni in prosa di fantasie e desideri vari)
Lo schiavo aspettava; il collare attorno al collo, il plug anale a forma di coda di cavallo, rinchiuso nella suagabbia.
La Padrona era uscita a fare jogging con Nadia, la sua giovane apprendista.
Nadia non aveva il fisico snello e perfettamente proporzionato della Padrona; non aveva le sue gambe tornite che quando erano fasciate da un paio di velatissime calze nere e appoggiate sopra a un tacco 12 lo facevano rizzare agli uomini che la incrociavano per strada.
No, Nadia era più bassa e più rotondetta, i seni sodi ma piuttosto prosperosi, le cosce robuste e leggermente sproporzionate rispetto al resto delle gambe. Quello che colpiva in lei era la carica sadica che il suo corpo emanava; il motivo per cui la Padrona l’aveva scelta come apprendista.
Allo schiavo Nadia piaceva. Si immaginava stretto fra le sue cosce a deliziare la sua fica con la sua lingua portandola a urlare il suo piacere e a essere inondato dal suo squirting. A questo pensava e la sua eccitazione cominciava ad avere effetti visibili, quando dei rumori gli fecero capire che la Padrona e Nadia erano tornate. Non le aveva viste uscire e ora vederle entrambe fasciate da una tuta superaderente che dimostrava inequivocabilmente che nient’altro indumento ornava il loro corpo fece crescere ulteriormente la sua eccitazione.
“Porco! Cosa fai? Chi ti ha dato il permesso di avere un’erezione in mia assenza?” Lo apostrofò la Padrona. “La prossima volta che esco ti metterò quel ridicolo peduncolo in gabbia… adesso vieni qui e togli le scarpe e calze a Nadia e a me”.
Così facendo aprì la gabbia e si accomodò sul divano con la sua apprendista.
A quattro zampe lo schiavo si avvicinò e, usando solo la sua bocca ed i suoi denti, cominciò a sfilare le scarpe a entrambe, per poi passare alle calze di cotone. Man mano che procedeva, un profumo acre entrava nelle sue narici, le calze poi erano imbevute di sudore e nello sfilarle ne ritrovò il sapore salato sulle sue labbra.
“Adesso annusa e massaggia con la tua lingua i nostri piedi, ne hanno bisogno dopo un’ora di corsa!”
Cominciò dalla Padrona e si beò dei suoi profumi e sapori. Ne era abituato e gli donava un piacere così intenso che gli sembrava che i testicoli stessero per scoppiare. Invece quando arrivò a Nadia il profumo acre e pungente, il sapore di sudore misto a quello di sporco gli provocarono un moto di disgusto ed un conato di vomito che a stento represse.
Ovviamente la Padrona se ne accorse subito e cominciò a sorridere: “Ti è piaciuto lurido leccapiedi? Sono io che gli ho detto di non lavarsi i piedi per un paio di giorni, volevo vedere come ti saresti comportato… e non mi sei piaciuto per niente…. Sarai punito per questo; Nadia e io ti frusteremo entrambe fino a quando il tuo corpo non sarà tutto pieno di striature viola”
Lo schiavo chinò il capo in segno di accettazione; ma un brivido gli percorse la schiena sapendo quanto entrambe facessero a gara a chi colpiva più forte; in particolare Nadia godeva nel colpirlo sempre più forte per farsi notare dalla Padrona.
“Ora noi andiamo a farci una bella doccia rilassante…. Tu, verme, vacci a preparare qualcosa di fresco da bere”.
Lo schiavo si rialzò e fece per andare verso la cucina, ma fu subito fermato dalle parole della Padrona. “Ma dove vai coglione!… Mica ci vorrai portare da bere e pretendere che noi teniamo i bicchieri in mano!”
Prese un vassoio a forma di mezzaluna con 4 catenelle che terminavano con dei morsetti dentati di metallo; lo appoggiò per un bordo sul torace dello schiavo e fissò, tramite i morsetti, le due catenelle anteriori ai capezzoli del malcapitato e le due laterali alla pelle della schiena.
A stento lo schiavo trattenne le lacrime che il dolore lancinante dei morsetti gli procuravano. “Vai, ora sei pronto! E quando torni mettiti in ginocchio davanti al divano”
Fece come gli era stato ordinato e si mise ad aspettarle con i due bicchieri di tè freddo appoggiati sul vassoio che aumentavano il già forte dolore.
“Bene” disse la Padrona quando tornarono. Poi prese un bicchiere bevve un sorso e lo riappoggiò di nuovo sul vassoio spingendolo sadicamente verso il basso. Il tremolio delle labbra dello schiavo gli fece capire quando il dolore era al limite e si fermò sorridendo soddisfatta.
Le due donne indossavano un paio di sandali con tacco di metallo fine e molto appuntito e un completino di intimo di pizzo del tipo vedo/non-vedo, ma quello di Nadia era molto più trasparente e, sotto il triangolino di pelo, lasciava intravedere le labbra della fica depilata.
Lo schiavo non poteva fare a meno di posare il suo sguardo proprio lì; Nadia se ne accorse e aprì un poco le gambe per mostrare l’interno della sua fica. Lui non poteva che eccitarsi inturgidendo il suo membro e la cosa fu ben visibile.
“Ma guarda questo porco maiale, ancora una volta se lo fa venire duro senza chiedere il permesso” esclamò la Padrona e cominciò con i suoi tacchi a tormentargli pube e testicoli. Nadia non aspettava che questo segnale e prese anche lei a tormentarlo nello stesso modo. Altro dolore si aggiungeva a quello dei capezzoli ormai distrutti.
Quando il tè stava finendo, visto che l’erezione non si placava, anzi il membro dello schiavo era diventato quasi viola dal sangue che pompava nelle sue vene, le due donne, dopo un sorriso ed un cenno di intesa, misero i loro tacchi, uno da una parte e l’altro dall’altra, proprio alla fine del glande, e cominciarono a
spingere schiacciandogli il membro.
“E non ti lamentare” lo apostrofò la Padrona, “altrimenti raddoppieremo la dose di frustate!”
Lo schiavo serrò le labbra per non fare uscire nessun lamento, ma la sua fronte grondava sudore. Finito di bere gli tolsero il vassoio e lo schiavo ebbe qualche minuto si sollievo. Ma fu di breve durata.
“Ora ci vorrebbe proprio una bella sigaretta, ti va?” disse la Padrona. Nadia assenti. “Ma ci occorre un portacenere… Ho un’idea”
Torno con una mordacchia di metallo, la mise in bocca allo schiavo e la fisso con i laccetti dietro la sua nuca. In questo modo era costretto a tenere la bocca aperta. “Ora mettiti a 4 zampe”
Non appena lo schiavo fu in posizione, gli tolse il plug a coda di cavallo e prese un gancio anale. Si trattava di un tubo di metallo, dritto per 20cm che poi si incurvava per seguire il solco fra le natiche; terminava con un
plug, sempre di metallo, lungo 12cm che iniziava con un diametro di 2cm fino ad arrivare a 6cm; il bordo del tappo finale era costellato di piccoli aculei di metallo che avevano lo scopo di tormentare la sensibile pelle della rosa anale.
Senza troppi riguardi glielo infilò nell’ano, poi con una cordicella fisso l’altra estremità del gancio a un anello posteriore della mordacchia e tirò con forza in modo tale che gli aculei si conficcassero nella sua carne e che
la testa risultasse perpendicolare al tronco.
Lo schiavo emise un sordo mugolio.
“Ora possiamo goderci la sigaretta… Tu essere inferiore tirerai fuori la lingua quanto te lo diremo noi e ingoierai la nostra cenere…Bada di non farne cadere neanche un briciolo altrimenti ti mettiamo i morsetti ai capezzoli con un bel paio di pesi”
Ad aggiungere dolore su dolore, durante la fumata, appoggiarono i loro sandali sui fianchi dello schiavo, una per parte, divertendosi a tormentarli con i tacchi appuntiti.
Alla fine, con un altro cenno di intesa, con molta calma e studiato sadismo, spensero le sigarette sulle sue natiche. Un urlo straziante uscì da quella bocca spalancata. Poi gli fecero ingoiare i mozziconi ormai spenti.
“Bene! Ora che ci siamo rilassate è tempo di divertici un po’… Vieni Nadia andiamo a prendere i nostri attrezzi…. Voglio farlo danzare a suon di frustate e infilargli lo strapon per vederlo godere come una troia!”
Gli occhi di Nadia si illuminarono!
Per lo schiavo la giornata di umiliazione e dolore era appena cominciata….