scritto da: Dasa
Pubblicato da: Elvira Nazzarri (ricordo ai cari lettori che i racconti sono espressioni di fantasia in prosa)
Sono sfinito, la fustigazione è stata estenuante. Oltre il dolore dei colpi, sono piegato dalla fatica delle contrazioni continue e inevitabili per tollerare il dolore. Mi slega e mi accascio a terra a faccia in giù. Vedo i suoi piedi al mio lato. Indossa delle scarpe con tacco altissimo e a punta. Oltre al laccio sulla caviglia, nulla.
Il piede è scoperto, è scalza e la caviglia è impreziosita da una cavigliera d’oro con delle perline incastonate a intervalli regolari. Si ferma davanti a me, volgo la testa nella Sua direzione e posso vederLa bene. Ha cominciato a frustarmi vestita e deve essersi spogliata nel frattempo. Ora indossa solo delle mutande in pizzo che lasciano intravedere il suo sesso. Il torso è nudo e posso solo tremare dall’emozione di ammirare il Suo splendido seno. Si muove ora dall’altro lato, dove non posso vederLa più, la sento avvicinarsi e poi sento la calze che si avvolge intorno ai miei polsi. Mi fa rotolare e mi colloca in posizione supina, siede a terra dietro di me, vedo la coscia destra sopra il mio viso e sento il tacco che si appoggia e poi spinge sul capezzolo.
Si avvicina ancora di più e sento il Suo pube appoggiarsi alla mia testa. Comincio a dimenarmi, stimolato dal tacco e dalla presenza sensuale dietro di me. La sento ridere della mia vulnerabilità, mentre mi afferra i capelli, si rialza e mi tira verso l’alto. Voglio vederTi godere per la Tua Padrona e mi libera i polsi. Mi fa giacere di nuovo, si erge sopra di me e poi con movimento lento e sovrano siede sul mio viso. È la più grande fortuna della mia vita che Le piaccia farmi godere così. Sento l’odore indescrivibilmente attraente del Suo sesso, la pressione sulle labbra, le dita afferrano i capezzoli e mi stimolano come solo Lei sa fare. Lunghi minuti al limite fra l’apice del piacere e il dolore. Un po’ più forte sarebbe intollerabile e sessualmente deprimente, un po’ meno la sofferenza sarebbe troppa per compensare l’eccesso di piacere. Su quell’equilibrio magico fra dolore e piacere poggia il Suo dominio totale su di me.
Mi tocco e accelero mano a mano che la stretta si fa più decisa, nel momento dell’orgasmo il dolore è al massimo e continua ancora per alcuni secondi fino a quando mi vede cedere e la stretta si fa carezza. Non ha più bisogno di farmi soffrire, ho perso la mia battaglia ancora una volta, il controllo è totale e ineludibile e sono uno straccio sotto di Lei. Mi ha rubato per l’ennesima volta tutta l’energia e da quel momento in poi, lo so sarà come sempre, fiaccato dalla frusta e dall’orgasmo, vagherò dimesso e umile in attesa delle Sue disposizioni. Dopo che mi ha punito e regalato il piacere, paradossalmente sono ancor più sottomesso. Il Suo sguardo appagato nel vedermi umiliato e vinto mi fa sentire, se possibile, ancora più sottomesso anche senza il vigore impetuoso del desiderio, in un’altra pacata e serena dimensione di schiavitù. Sono Sua proprietà e desidero solo che non mi faccia mai mancare il Suo dominio e che mi tenga docilmente ai Suoi meravigliosi piedi.