Racconti dei miei faithful

Ginarchia

Scritto da schiavo amos
Pubblicato da Elvira Nazzarri

Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino, dice il detto.

Quando tutto ebbe inizio più di due anni fa non avrei mai pensato finisse così, con una resa quasi incondizionata. In principio erano solo giochini e la sensazione che fossero solo brevi cessioni di potere che le concedevo. In fin dei conti il controllo lo avevo sempre in mano io.

Ma lei non è una donna normale, piano piano, e senza che tu ne possa rendere conto, lentamente, ti ghermisce. Anche se il termine non è figuralmente corretto perché lei lo fa in modo quasi dolce, anzi ti lascia il campo apparentemente aperto e tu, ingenuamente, credi di muoverti liberamente. Ma lei lo sapeva dal principio che alla fine sarei diventato un suo schiavo. Dovevo solo fare il mio percorso, con i miei tempi, ma poi non sarei più stato in grado di tornare indietro.

Così qualche mese fa fui io a proporle di stipulare un contratto di schiavitù per suggellare un rapporto che cresceva. Anzi lasciò addirittura che mi occupassi io della prima stesura, poi rivista e corretta, e da allora il rapporto ha cominciato a pendere inesorabilmente dalla sua parte.

I giochi hanno cominciato a lasciare spazio ai servizi e le pulizie domestiche parte della mia routine di schiavo.

Ricordo ancora il primo giorno e quando mi impartì le nuove regole, mi disse secca con un tono che non ammetteva repliche «Domani vieni da me, mi servi per due ore a fare pulizie. Niente scuse. Se hai impegni ti liberi».

Probabilmente notò la mia espressione sorpresa, non si era mai rivolta a me in quel modo, di solito chiedeva gentilmente un favore, invece questa volta era stata autoritaria, così aggiunse: «Non dirmi che credevi che saremmo andati avanti con i tuoi comodi giochetti. Abbiamo da poco condiviso un contratto e quindi adesso la musica cambia. Io non ho più obblighi nei tuoi confronti mentre ora, tu, ne hai solo nei miei. Voglio usarti per tutto ciò che mi serve. Certo, puoi rifiutarti, ma equivarrebbe a stracciare il nostro contratto e a chiudere per sempre ogni rapporto tra noi. E siccome tu hai bisogno di me come l’aria penso che saprai fare la scelta giusta. E non ti preoccupare ci sarà ancora spazio per la nostra amicizia e saprò essere ancora comprensiva. Ma ora voglio anche che diventi il mio schiavo a tutti gli effetti e ne accetti tutte le conseguenze. A domani!».

Aveva ragione, una parte di me aveva un disperato bisogno di lei ma il mio lato indomito faticava a venire a patti con queste necessità misteriose e profonde. Fino ad ora mi ero sempre concesso delle brevi divagazioni e tutto sempre molto sotto controllo. Ma ora le cose stavano per cambiare.

L’indomani quando mi presentai mi accolse senza troppi convenevoli.

«Da oggi dovrai venire qui due volte a settimana, ogni volta per due ore per dedicarti a pulizie e lavori domestici. Inoltre li farai sempre completamente nudo perché voglio che la cosa sia per te anche molto umiliante.
Le prime volte ti seguirò da vicino perché voglio essere sicura che impari a fare le cose in maniera accurata, poi le farai anche mentre io mi occuperò di altro o sarò fuori casa. Cosa fai li imbambolato? Comincia, mettiti nudo, legati le palle con questo laccio, poi vai in quello sgabuzzino e prendi la scopa. Comincerai con il pulire i pavimenti».

Rimasi senza parole, la musica stava veramente cambiando, lei aveva deciso che era arrivato il momento e, come sempre, non si sbagliava. Non riuscii a replicare o ad argomentare una difesa e in silenzio eseguii i suoi ordini.

Lei si era seduta appoggiando i piedi sulla scrivania, osservava con aria soddisfatta commentando il mio operato e ricordo bene l’umiliazione che ho provato in quel momento. Nudo, esposto, l’imbarazzo di avere il pene eretto mentre ero obbligato a svolgere lavori da donna domestica. Mi sono sentito senza difese, l’eccitazione così manifesta è come essere collegati ad una macchina della verità ed è li a dimostrazione che in qualche modo godi del fatto di essere ridotto in quella condizione. E la cosa rade al suolo ogni residuo di orgoglio. I ruoli erano ormai ribaltati in modo manifesto, quello che per secoli era stata la normalità della nostra società ora aveva un nuovo ordine. Lei era la donna dominante e io il maschio sottomesso. Rimarcò quel pensiero avvicinandosi, mi palpò con invadenza le natiche e mi sussurrò soddisfatta nelle orecchie «Eh si, possiamo proprio dire che ora sei la mia domestica sottomessa… e anche un po’ puttana da quel che vedo…».

In quel preciso istante ho preso coscienza di questa verità. Tutto questo non era altro che la rappresentazione dell’ordine naturale delle cose tra noi due. Era inutile opporsi, molto meglio che l’orgoglio rimanga in disparte anche se è difficile per un carattere come il mio, ed accettare questo nuovo equilibrio.

Continuai a pulire la stanza mentre lei tornava a sedersi. Poi mi redarguì irridendomi «Ed è meglio che scopi bene perché altrimenti ti scoperò io con il manico!».

Dopo circa un quarto d’ora le dissi che avevo finito con i pavimenti di quella stanza. «Bene, ora controlliamo». Si mise a guardare in ogni minimo anfratto vicino ai mobili, nei posti più improbabili e vi trovò presto un residuo di polvere. «E questo? Ti avevo chiesto di essere accurato!».

«Ma…» balbettai.

«Zitto! Non provare nemmeno a contraddirmi». Prese una ballgag e me la mise. «Impara e tenere la bocca chiusa quando parla la tua Padrona».

«Ora mettiti li in ginocchio, mani sulla nuca!». Prese un flogger e mi diede una serie frustate sulle natiche e poi, con un cane, alcuni colpi ben assestati sulle piante dei piedi.

«Adesso prendi quello straccio e in ginocchio ripassi tutta la stanza vicino ai mobili, pretendo che i lavori siano fatti in maniera perfetta. E ti conviene non fare errori questa volta se no ti stacco la pelle dal culo a suon di frustate e poi ti faccio ripassare tutto il pavimento strisciando con lo straccio in bocca. E non sto scherzando!».

Nudo, in ginocchio e con il culo segnato dalle frustate, ripreso e umiliato per incapacità mi sentivo sprofondare sempre più nella mia condizione di schiavo. Ora non era più solo un gioco.

«Vieni, raccatta i tuoi stracci serva! E seguimi, ora pulirai anche l’altra stanza. Pavimenti e polvere!». Intanto lei si sedette per smaltarsi i piedini.

«Voglio che mentre pulisci assumi posizioni provocanti. Sai? Proprio come una domestica un po’ troia. Non dovrebbe riuscirti difficile no?».

Io chinai la testa e ingoiai anche questa umiliazione. Mi inarcai per fare risaltare di più il culo e continuai il lavoro con lei che rideva di me.

«Mi piace renderti ridicolo sai, mi fa godere. E sappi che prima o poi capiterà che ti mostrerò in queste condizioni anche di fronte ad altre persone, meglio che ti abitui all’idea».

Quest’ultima frase ebbe l’effetto di un terremoto del nono grado nel mio cervello. Non avrei potuto immaginare nulla di più degradante. Ma dalla mente si trasferì con un riflesso involontario al mio pene.

Cosa che a lei non sfuggì. «Oh, pare che la cosa non ti dispiaccia allora».

Disse ridendo. «Mi piace quella lancetta che mi rivela tutti i tuoi segreti da puttanella, hahahahaha».

Io non sapevo cosa risponderle, era un’idea che mi contorceva le budella, che trovavo quasi impossibile da pensare, ma mi aveva fatto eccitare e non avevo modo di negarlo.

«Lo sai, questa tua predisposizione ad essere usato come una puttana sottomessa mi ha fatto venire un idea».

Si alzò e tornò con in mano delle catene con alle estremità delle chiusure a manetta e me le mise alle caviglie e ai polsi. «Queste sono per renderti il resto delle pulizie più difficoltose, lo sai che sono dispettosa». Poi prese un plug a pompa, di quelli che si gonfiano. «Mettiti in ginocchio e apri il culo con le mani». Me lo infilò tutto dentro con risolutezza e diede due pompate per farlo rimanere in sede. «E questo è perché, visto che sei a tutti gli effetti una troia, e direi che ne abbiamo le prove, mi sembra giusto darti questa lezione. Ogni volta che rileverò degli errori nel lavoro darò una pompata. Così misuriamo due cose; quanto sei rapido nell’apprendere e a che livello sei zoccola. Direi che potremo ricavarne una bella equazione».

«E ora passiamo all’ultima stanza, comincia a spolverare quel mobile, fra dieci minuti torno a controllare». Mi misi all’opera; il mobile era disseminato da una moltitudine di soprammobili. Spostarli tutti avrebbe voluto dire metterci almeno un’ora così spostai solo quelli più accessibili.

Poco dopo tornò, mi chiese dove avevo pulito e iniziò a controllare. «Ah, e qui sotto? Guarda, ho sollevato questa statuetta ed è rimasto il segno della polvere. Scommetto che per fare prima hai spostato solo quelle davanti. Ti avevo avvisato, niente scorciatoie, ora le controllo tutte e per ogni traccia di polvere ti becchi una pompata».

Iniziò a spostare tutti i soprammobili, io osservavo in silenzio con ansia crescente. «Ho trovato cinque tracce. E non va bene, vieni qua, cinque pompate!. Uno, due, tre… scommetto che lo hai fatto apposta per farti sfondare il culo, vero?». «No Padrona, la prego basta mi sento esplodere» mugolai attraverso la ballgag. «Ah si? Quattro… E cinque…».

Urlai, mi sentivo al limite della sopportazione, non avrei potuto sopportare un’altra pompata.

“Ora fila a scopare, poi quando hai finito passi con lo straccio bagnato in ginocchio».

Fu un vero calvario muoversi con le catene, ma soprattutto con questo plug enorme che mi violava. Ma la cosa più tremenda era la paura di commettere un altro piccolo errore.

Lei continuava a guardarmi e a deridermi. «Vedo che certi metodi funzionano, ora mi sembri molto più accurato. E’ questo lo standard a cui devi abituarti».

Finita anche quella stanza sgonfiò il plug e mi tolse le catene e la ballgag. «Ora rivestiti, per oggi hai finito, ci vediamo fra tre giorni, pulirai tutte le finestre».

Rimasi sorpreso per l’ennesima volta, fino ad ora i nostri incontri terminavano sempre con un orgasmo che lei decideva come concedermi. Le dissi: «Ti prego, non puoi mandarmi via così… hai vinto su tutti i fronti, lasciami almeno quello».

«Non posso? E chi lo dice? Sai, l’altro giorno stavo leggendo un saggio di Zygmunt Bauman, Modernità liquida, c’è un interessante disamina della società moderna che è fondata sul meccanismo del ritardo della gratificazione.

Ora, non sto ad approfondire lo sviluppo che questo ha avuto nei giorni che stiamo vivendo, anche se è molto interessante, ma applicandolo al nostro rapporto ho ragionato che questa consapevolezza può tornarmi molto utile.

E credimi, sarà utile anche a te perché ti peserà meno dovermi servire e riverire con la costanza e la devozione che pretenderò. Due o tre volte a settimana a fare anche cose noiose e ripetitive, non sarà così semplice. Quindi da oggi deciderò anche quando, se e come. Vista la tua situazione ti è concesso di fare sesso con la tua donna solo il sabato, ma ogni venerdì mi chiederai se ti concederò di eiaculare.

Quanto al resto ti è accordata facoltà di implorarmi perché dopotutto è una cosa che mi piace. A venerdì caro…».