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Il gancio

scritto da: Dasa

Pubblicato da: Elvira Nazzarri (ricordo ai cari lettori che i racconti sono espressioni di fantasia in prosa)

Entrai nello studio sicuro che l’avrei vista, come di consueto, seduta sulla scrivania sulla sinistra della sala d’ingresso ma non la vidi. Sentii la sua voce, altera come e più del solito, provenire dall’altra stanza: spogliati e fatti trovare con le mani appoggiate alla scrivania e le gambe divaricate spalle all’ingresso. Non è facile disobbedirLe, è una donna molto carismatica e autoritaria ma, in alcune circostanze, è assolutamente impensabile il solo tardare a eseguire minuziosamente le Sue disposizioni. Dal tono della voce capii immediatamente che, in effetti, era una di quelle circostanze. Non dovetti attendere a lungo in quella posizione, a suo modo umiliante. Sentii il rumore dei tacchi sul pavimento ritmare il Suo incedere sensuale e maestoso. Potevo immaginarLa ma non vederLa. Le unghie affilate segnarono la mia schiena in tutta la lunghezza, procurandomi un piacevole brivido. Bene schiavo, sai che mi piace quando ubbidisci, mi disse appoggiando il Suo pube contro il mio culo, quasi a farmi presagire quello che mi attendeva e che sapevo avrebbe fatto come di consueto. Come prima cosa, come sempre, mi mise il collare, per me il momento più bello, il simbolo stesso dell’appartenenza. Quindi mi accarezzò i capezzoli per eccitarmi e sentii la benda coprirmi gli occhi. Era delicatamente impregnata del Suo profumo. Uno di quei piccoli dettagli che la rendono speciale. In ginocchio, fu l’ordine perentorio. Scivolai verso il basso, sempre appoggiato alla scrivania e la sentii indagarmi con le Sue splendide mani. Le sentivo sul petto, segnavano la mia pelle con le unghie affilate mentre il ginocchio premeva contro il mio ano. Mi stimolò i capezzoli per causarmi una vigorosa erezione che stabilizzò con una cintura di cuoio intorno al pene, ben fissata intorno allo scroto. Ansimante e desideroso di dominio, accennai un asfittico Oh Padrona. Sì? Mi rispose con voce suadente e ironica mentre le dita strinsero con vigore i miei capezzoli ormai pronti a tutto pur di compiacerLa. Ero eccitatissimo e, come sempre, completamente in Suo potere. Era per quello che da tanti anni ormai La servivo fedelmente, privo di una vita sessuale che non fosse l’autoerotismo che mi concedeva fra una tortura e l’altra. Negli anni eravamo passati da una delicata forma di controllo feticista a soluzioni più marcatamente indirizzate verso la tortura e la sofferenza. Le piaceva farmi provare dolore e, malgrado non fosse la mia passione, mi ero piegato docilmente a quella scelta che mi aveva procurato dei piaceri che non avrei immaginato, anche se accompagnati a prove a volte dolorosissime.

Mi ordinò di seguirLa nell’altra stanza, trascinandomi con il guinzaglio, che nel frattempo aveva agganciato al collare, e mi fece mettere a quattro zampe. Fu in quel momento che mi concesse il più grande dei piaceri, il Suo piede, inguainato in calze elastiche il cui solo fruscio era in grado di eccitarmi. Sentivo l’odore dei Suoi piedi, acuito dalle calze nel calore del pieno giugno e assaporai avidamente il piede scalzo. Basta così schiavo, la Sua voce ora potente e inappellabile. Il cuore batteva a mille, il fiato rotto dall’emozione, capivo che stavamo passando a una fase diversa. Mi mise delle polsiere che agganciò a una barra che non vedevo ma sentivo, poiché non potevo più spostare le mani per cercare una posizione più confortevole. Poi fu dietro di me. Sentii il rumore del lattice dei guanti e capii che mi avrebbe presto penetrato. Mentre mi ungeva e dilatava mi chiese: sai cos’è un gancio anale schiavo? No Padrona. Non ne avevo mai sentito parlare. È un gancio che si infila nel culo degli schiavi con una picca di acciaio come un normale plug e all’estremità opposta un gancio dove farò passare una corda che appenderò a un supporto in alto. Niente di strano, aggiunse. Sentii il freddo acciaio entrare nel mio culo e provai il solito doloroso fastidio e la sensazione irresistibile che sempre mi dava il sapermi penetrato dalla mia Dea. Poi sentii le corde e il gancio tirare. Fu terribile. Capii immediatamente che non c’era verso di muoversi. Bene schiavo, possiamo cominciare, mi disse. Non capii bene cosa stava per cominciare ma ero Suo, L’adoravo ed ero pronto a tutto pur di compiacerLa.

La sentii armeggiare con qualcosa poi il rumore di una sedia e avvertii la Sua presenza molto vicina. Forse uno sgabello o non so cosa, fatto sta che mi ritrovai con la faccia fra le Sue cosce potenti, morbide e tornite. Il rumore delle calze sul mio viso sarebbe stato da solo sufficiente a fare di me un automa privo di volontà in più sentivo l’odore del Suo sesso vicino e irraggiungibile, Come sempre, l’ebrezza del potere e il pensiero di infliggermi torture l’aveva eccitata. Mi stimolò ancora i capezzoli mentre mi sussurrava nelle orecchie quello che già avevo capito: ti conviene accettare qualunque cosa faccia, passivo e rassegnato, non è il caso che ti muova molto, fa male. Era la consolatrice e la carnefice. Le baciai l’interno delle cosce che strinse forte intorno al mio viso mentre mi agganciò prima un capezzolo poi l’altro con delle mollette cui aveva aggiunto dei pesi. Direi anche piuttosto grossi. I miei capezzoli pendevano verso il basso in un misto di dolore e residuo piacere. Si sollevò, sentii ancora il rumore delle Sue calze e poi, senza dire una sola parola, mi infilò le Sue mutande madide di umori in bocca. Gemevo come un agnello prima di essere sgozzato. Ero eccitato come mai e attendevo il seguito che venne, impietoso e doloroso sotto forma di un sibilo che terminò in una sferzata violenta sulla schiena che mi scosse. È impossibile restare immobili sotto i colpi della bullwhip, la lunga corda di cuoio che lascia segni profodni e causa un dolore lancinante. Soprattutto se si è bendati e non si può sapere con esattezza il momento in cui il colpo sarà sferrato. Ad ogni colpo il dolore tremendo della frusta si univa alla sensazione di lacerazione che il gancio procurava e quello dell’ondeggiare doloroso dei pesi. Continuò per un tempo che mi parve infinito. Alternando frustate a pause in cui, con la Sua ben nota maestria, riusciva nuovamente a eccitarmi e farmi desiderare la tremenda punizione che mi stava comminando.

Alla fine del trattamento ero esausto. Mi tolse il gancio, i pesi e le polsiere. Solo le mutande volle che le tenessi ancora in bocca. Mi ordinò di alzarmi e mi portò davanti allo specchio. Era di fianco a me e finalmente potevo vederla. Indossava uno scamiciato di seta bianco con due lembi che si incrociavano sul grembo. Uno dei due lembi era abbassato e vedevo il suo irresistibile seno nella sua minuta perfezione. Il capezzolo turgido di un’eccitazione incontenibile causata dall’ebrezza del potere. Una gonna nera corta con uno spacco a tre quarti, proprio davanti la coscia imperiosa e dei grandi bottoni neri decorativi. Sotto, come avevo intuito, le autoreggenti elasticizzate e le solite decollétée nere. Era bellissima, come sempre e di più. Mi fece girare perché potessi guardarmi la schiena e il culo. Ero livido, toni dal rosso al violaceo per tutto il corpo. Per qualche settimana nessuno avrebbe dovuto vedermi. I colpi avevano lasciato dei segni che sarebbero rimasti a lungo. Non resistetti al desiderio di gettarmi ai Suoi piedi, grato e piangente. Nulla rende uno schiavo docile e sottomesso come i marchi della Padrona sul corpo. La memoria dei momenti passati nelle Sue segrete e l’impossibilità di incontri intimi col corpo così segnato da un potere superiore. Una risata di piena soddisfazione Le illuminò il viso. Ero di nuovo eccitato. Mi appoggiò il piede sul pene, spingendolo per sentirne la resistenza, poi lo spostò più in basso, alla base del pene sopra lo scroto e mi ordinò di masturbarmi, strinse forte i capezzoli e mi ordinò di guardarLa. Era bellissima, il Suo piede diventava sempre più pesante sul mio sesso. Mi arresi, schizzando stancamente e appoggiai la testa esausto sul Suo seno, scivolando lentamente in basso fino a distendermi completamente ai Suoi piedi che baciai in un ultimo flebile impeto di adorazione. Semi accartocciato ai piedi della mia Sovrana, il viso appoggiato al pavimento, godetti della leggera pressione del Suo piede sulla mia testa. Mi dominava e non c’era altra cosa al mondo che desiderassi. Ero Suo e quanto mi bastava.

Stimolazione sensoriale

scritto da: Dasa

Pubblicato da: Elvira Nazzarri (ricordo ai cari lettori che i racconti sono espressioni di fantasia in prosa)

Disteso su un lettino in pelle con gli arti divaricati nelle quattro direzioni. I polsi e le caviglie assicurati con delle cinghie, corde nere mi avvolgevano il corpo in più punti. Ero completamente immobilizzato e narcotizzato dalle Sue mutande in bocca. Ne sentivo l’odore dall’interno, la bocca era impastata dei Suoi umori e ne ero annientato. Così come il mio corpo, la mia mente era immobilizzata, totalmente sotto il Suo controllo. Si era fatta trovare al mio ingresso nello studio, seduta sul tavolo, con una minigonna di pelle rossa e una canottiera bianca sopra. I sandali anch’essi rossi avevano giusto il cuoio necessario e tenerli insieme, per il resto il trionfo dei Suoi piedi perfetti. Dopo avermi fatto baciare i piedi e massaggiare le caviglie e i polpacci, mi aveva fatto spogliare e condotto in un’altra stanza, dove mi aveva fatto mettere a quattro zampe di fronte al Suo trono, messo il collare, avvolgendo il guinzaglio intorno al piedistallo. Si era allontanata per qualche istante e poi era tornata.

È sempre molto eccitante e umiliante attendere la Padrona nella posizione di un cane, al ritorno l’istinto è quello di scodinzolare perché si impara a esplorare questa dimensione di animale addomesticato che è in fondo l’essere schiavi. Ritornò con un sacco di cose in mano che utilizzò tutte metodicamente. Due piccole sbarre con dei braccioli che mi sistemò sugli arti per impedirmi di assumere una posizione diversa da quella del cane, un plug che mi infilò nel culo senza tanti complimenti e delle pinzette per i capezzoli legati da una catenella che applicò con un sorriso beffardo. In mano Le restava solo il vibratore che accese prima che sedesse con entrambe le gambe appoggiate sulle mie spalle. Ai mie lati potevo vedere gli amati polpacci della mia Padrona, forti e sensuali come niente al mondo, di fronte a me lo spettacolo del Suo pube coperto da mutandine trasparenti, Cominciò a passarsi il vibratore intorno al sesso con movimenti lenti e circolari. Il rumore mi ipnotizzava, il Suo sguardo, che potevo avvertire e incrociare di tanto in tanto quando i miei occhi trovavano la forza di distrarsi dal Suo sesso, si faceva più lascivo e voglioso. Mano a mano, sempre senza togliere le mutande, cominciò a infilarselo dentro e tirarlo fuori metodicamente, sempre più inumidito dal Suo umore. Spingeva dentro anche la mutanda che ormai era visibilmente inzuppata, mano a mano che l’eccitazione si faceva più intensa. Il mio istinto animale cominciò ad avvertire il Suo odore inebriante. Comprese il mio turbamento e mi puntò i tacchi sulla schiena, quasi spingendomi in avanti. Ormai vicinissimo alla Sua vulva la potevo respirare mentre assistevo a quei movimenti ora più decisi verso l’altro a stimolare la clitoride. I Suoi primi gemiti ebbero su di me un effetto elettrizzante.

Non riuscivo a stare lontano ma i tacchi stavolta mi tennero lontano. Solo per un attimo mi passò il vibratore fra il naso e le labbra, bagnandoli entrambi. Tornò a giocare con se stessa fino all’orgasmo che sentii sulla mia carne sotto forma di prolungata e profonda pressione dei tacchi sulla mia schiena. Poi le gambe nuovamente distese e il Suo corpo rilassato dopo alcuni fremiti. Si riebbe velocemente, si tolse le mutande e me le infilò in bocca. Ne fui sconvolto. La guardai con occhi imploranti non saprei dire nemmeno ora cosa. Ancora incatenato mi portò vicino al lettino, dove tolse le barre ma non le polsiere. Mi legò al letto e mi lasciò lungamente respirare il Suo odore fino a togliermi completamente il controllo della mente. Poi mi bendò. Cercavo di dimenarmi per l’eccitazione ma i legacci troppo stretti mi consentivano solo di respirare e subire fisicamente e mentalmente il Suo potere. Respira profondamente, Ti aiuterà. Cominciò a farmi cadere della cera calda per tutto il corpo senza che potessi prepararmi al bruciore diffuso e imprevedibile. Andò avanti fino a che non mi vide sudato e stremato. Mi ordinò di masturbarmi e di aprire bene la bocca, ancora riempita dalle Sue mutande. Così, mentre le prime gocce cominciarono a sgorgare dalla Sua fonte, inebriato e pronto a tutto, venni con inusitato furore mentre bevevo la Sua urina che impregnava le Sue mutande e riempiva la mia bocca avida di qualunque cosa mi avesse offerto la mia Padrona.

La moglie di Gildo

Scritto da: Elvira Nazzarri

Avviso: uso di linguaggio volgare ed espressioni forti

Conosco Gildo da un bel po’ di anni. Quando abbiamo iniziato a frequentarci mi parlava sempre delle sue varie squinzie, ed erano numerose, ma la cosa non mi sorprende visto che è socio anziano di uno studio legale. Vive circondato da giovani donne, che siano receptionist, segretarie, praticanti o colleghe. Aveva istaurato un rapporto piuttosto stretto con una di queste ragazze e mi divertiva sapere cosa gli combinava, tra pissing nei bagni la sera tardi a cintura di castità imposta per giorni e giorni, incontri a tre, centri benessere per nudisti e saune per coppiette. Erano dinamiche classiche. Spesso chi desidera di essere sottomesso lo desidera da una persona che non ritiene del suo stesso livello, anzi per vivere meglio la sottomissione e l’umiliazione ci vorrebbe una persona sottoposta, di diversa categoria sociale e livello intellettuale inferiore. Spesso così facendo il sottomesso in qualche maniera pilota la sua dominazione. Non so quanto Gildo sia consapevole del fatto che ha plasmato lui la “girl”, come la chiamo io. Ha questa lieve tendenza a “pilotare” il rapporto di dominazione/sottomissione.

A mio avviso ha un forte lato voyeuristico, ma non voyeurismo concentrato sulla paura di essere scoperti, quanto quel voyeurismo concentrato sulla perfezione feticistica, una sorta di gioco con le bambole. Il rapporto tra i due ha preso una piega cuckold. Come spesso accade in tali coppie, era lui che sceglieva e contattava i vari bull che la girl si scopava di fronte a lui, negandogli qualsiasi soddisfazione sessuale e minacciandolo di obbligarlo a fargli leccare la sborra del bull. Un giorno decisi di indagare a fondo, questi meccanismi di certo non nascono all’improvviso, così gli chiesi quando ha iniziato ad avere queste fantasie da cornuto. Non mi ha stupito che già la prima fidanzata l’aveva cornificato e lui l’aveva indotta a raccontargli tutti i dettagli godendo in una serie di orgasmi multipli. Da lì erano tutta una serie di fidanzate zoccole. Lo erano davvero o è stato lui a indurle? Io un’idea l’avrei. Per me il cuckoldismo è una sorta di manipolazione che scaturisce dalla paura di essere traditi ed un tentativo di tenere sotto controllo la situazione. Una risposta a proprie fisime, magari legate alle proprie défaillances fisiche o paure nascoste nel profondo che sono legate all’allontanamento/tradimento della figura materna. Tralasciando questi miei “pipponi” mentali sul perché di certi comportamenti, ho scoperto che anche la moglie di Gildo non è affatto una santa, anzi l’ha scelta sapendo dei suoi numerosi flirts con professori e uomini più anziani di lei. Dopotutto gliel’ho detto anche io: “ma scusami ti sei pure scelto la tua receptionist, ma lo sai che hanno una certa fama e mi ricordo benissimo nei bar quando si facevano ancora le classifiche sulle conquiste maschili, le commesse, shampiste, infermiere e receptionist valevano -2 appunto per la grande facilità dell’apertura cosce! Sei proprio votato per essere un cornuto! Te le cerchi proprio!”. Approfondendo ho anche scoperto che lei intrattiene una relazione di sesso con un dentista che la usa direi anche come schiava, prestandola anche ad altri uomini. Gildo non è uno scopatore, anzi lo definirei più un adoratore e così ho voluto sapere qualcosa di più sul concepimento del figlio. Diciamo che sembrerebbe che a un certo punto dopo numerose vagonate di sperma da parte del suo amante e degli amici di lui la cara mogliettina avesse fretta di far sesso con Gildo anche se era già tempo che non lo facevano. Gildo è stato anche abbastanza dettagliato sulle dinamiche e non siamo affatto sicuri sia riuscito a infilarlo bene, heheh…la mia conclusione è una sola! Ha allevato un figlio bastardo, il frutto dello sperma di un altro uomo! La condizione top del top per i cuckold.

Insomma, il nostro caro Gildo si è ritrovato sbeffeggiato da me per la sua condizione da cornuto megagalattico, impotente e segaiolo. E così passavano le settimane a farmi raccontare delle maialate combinate dalla moglie, o meglio subite, visto che il dentista, suo amante/master era molto fantasioso nelle porcate e lei ha una tendenza remissiva. Ho scoperto che il godimento di lui è venirle dentro numerose volte e anche quando viene fuori le rimette dentro tutto sino l’ultima goccia inserendole l’intera mano dentro. Difatti prendo in giro spesso Gildo dicendogli che anche dal punto di vista meramente statistico, non può essere lui il padre del figlio. Spesso gli mando anche dei messaggi, quando so che ha una giornata particolarmente densa lavorativamente, chiedendogli:” che programmino ha la vaccona, mentre tu lavori?”, oppure ” la troiona esce stasera a farti un bel paio di corna?”. Diciamo che esce abbastanza spesso e mi faccio raccontare anche che indumenti indossa. Una volta gli ordinai di aspettare che rientri la zoccola e mentre lei si fa la doccia, di rubarle le mutandine appena indossate e portarle da me. E’ riuscito a portarmele ancora umide e io gliele infilai in bocca chiedendogli: “sanno di quella patata slabbrata della tua moglie o di sperma virile del dentista porcone?” Insomma abbiamo capito che era un mix di umori, sperma e pipì, perché il dentista ama terminare con una bella shower denigrante.

Un giorno abbiamo scoperto che c’era una sorpresa. Io credevo un bel bull di colore, giovane e prestante, perché stiamo parlando di una donna 40enne, molto ben tenuta, una vera “milfona”. Invece no…era un master 70 enne, pare che si sia confidata con l’amica che l’incontro le piacque. Cosa che ha sconvolto Gildo, un vecchio bavoso che si limonava sua moglie gli ha dato una scarica di eccitazione che non provava da numerosi anni.

Abbiamo scoperto che quel giorno si sono visti in un Motel a tema, il dentista, il loro amico storico, lei e il vecchio. Le dimensioni del cazzo erano notevoli ma mai quanto le sue palle smunte, enormi, da toro in pensione. Prima ha fatto da guardone mentre i due soliti porconi se la scopavano tra sculacciate, sputi e sberle. Poi hanno dato spazio a lui, che se l’era limonata mentre le infilava le dita davanti e dietro. Dopo una lunghissima limonata con sputi e tanta saliva le ha infilato il grosso cazzo in gola e tra sapore di pipì, visto che è un pochino incontinente, e precum le ha sborrato in bocca facendole trattenere il tutto, facendole sputare lo sperma in una ciotola e il dentista porco ha raccolto tutto con un siringone e gliel’ha inoculato nella figa sfondata. Mentre mi facevo raccontare il tutto da Gildo sconvolto mi venne una curiosità:” dai ti prego, cerca di scoprire com’era lo sperma di sto vecchiaccio, ti prego dimmi che era verde scuro ristagnante e schifoso, sarebbe un tocco di classe per completare il degrado del puttanone.” Gildo rimase sconvolto e un pochino schifato da questa mia richiesta ma proseguì con il racconto. Oltre a queste porcate ha dovuto infilare la lingua nell’ano del vecchietto e subire una pioggia dorata nella vasca da tutti e tre i porconi, tornando a casa senza potersi lavare. Difatti il sospetto venne a Gildo quando ha ravanato nel solito cesto della biancheria come da me ordinato e trovò la lingerie completamente inzuppata.

La novità non mi è dispiaciuta e neanche a Gildo. Scoprimmo che anche la zoccolona era contenta della variante, perché come spesso lo sono i vecchietti, era gentile nei modi. Ho detto a Gildo che se è così sicuramente la zoccola proverà a rivedere il vecchio cazzuto. Gli ho ordinato di seguirla se ci fossero stati movimenti sospetti e così è stato. Neanche dopo due giorni dal pomeriggio di scopate era uscita con una scusa banalissima, usando come copertura l’amica di Gildo. Lui la seguì fino a un parcheggio frequentato da coppie scambiste… Mi ha mandato una foto su WhatsApp della macchina in cui si erano appartati lei e il vecchio. Gli ordinai di andare a sbirciare cosa succede da più vicino come un vero voyeur segaiolo impotente. Aspettavo il resoconto…

Il calzolaio “leccasuole”

Scritto da: Elvira Nazzarri

Camminando in zona San Marco mi si è distrutto un tacchetto, trattandosi delle mie scarpe preferite ho deciso portarle io stessa dal calzolaio, invece di aspettare qualcuno dei miei soliti schiavi. La bottega si notava veramente poco in una delle viette della zona, una volta all’interno sembrava di essere piuttosto in un negozio di scarpe che dal calzolaio, i calzolai che frequentavo prima erano disordinati e pieni di oggetti da riparare sparsi per la bottega, quest’uomo invece era maniacalmente ordinato e cosa curiosissima, le scarpe esposte sugli scaffali erano tutte di genere evidentemente femminile: ballerine, stivaletti, stivali, décolleté, chanelline, d’orsay ecc. Dopo avergli mostrato il danno al tacco mi ha assicurato che ci avrebbe provato entro fine settimana, perché appunto aveva molto lavoro da svolgere. Alla mia domanda se per caso riparasse anche le scarpe da uomo ha risposto stizzito:” No, ho già un gran da fare così!”.

Uscii dal negozio e dopo qualche minuto di camminata ci ripensai. Siccome ci deve impiegare qualche giorno tanto vale risuolare la scarpa, visto che la suola è tutta bella consumata. Mi girai e tornai indietro. Aprendo la porta ho beccato il calzolaio a leccare le mie suole tutte nere e sporche. Rimase impietrito con le mie scarpe strette nelle mani e non sapeva come giustificarsi. Ora mi era chiaro perché il negozio era pieno zeppo di scarpe femminili. Il calzolaio era un leccasuole!

“Non è come sembra!”, cercava di giustificarsi l’uomo sulla 50ina piuttosto muscoloso. “Ma come no! Ho già capito tutto, mi faccia vedere le suole!”, risposi al calzolaio. “Mi dia le scarpe allora!”, chiesi al calzolaio. Le ha strette ancora più forte a se, tutto contratto, spingendole contro il suo petto. Gliele strappai dalle mani e le girai. ” Le suole sono tutte bagnate! Mi faccia vedere la sua lingua!”, dissi con tono fermo e deciso al calzolaio. Si rassegnò e tirò fuori la lingua tutta nera, sporca delle chissà quali schifezze calpestate per strada camminando. Era lì in piedi, imbarazzato e contratto, spalle in avanti, rassegnato, le braccia abbandonate come grossi macigni che lo tiravano in giù, sguardo basso. “Non ti preoccupare, non ti giudico, anzi, pensa che sono tornata per farmi risuolare queste scarpe ormai consumate. Potremmo arrivare a un accordo vantaggioso per entrambi”, gli dissi. Sembrava abbastanza incuriosito e sorpreso, alzò lo sguardo e mi guardò finalmente in volto. “Chiudi la bottega per un attimo, così non ci disturbano.”, indicai al calzolaio. Lo misi sdraiato a terra a pancia in su, dietro al bancone da lavoro, e mi sedetti sul suo sgabello, appoggiai i miei piedi calzati sul suo petto e pancia, piantando i tacchi delle décolleté nella sua pelle attraverso i suoi vestiti. Era il mio poggiapiedi umano in quel momento. Cominciai a raccontargli che ho numerose scarpe in ottimi materiali a cui tengo, non robaccia da quattro soldi che puzza di plastica o petrolio e che le mie scarpe sanno di cuoio, pelle e necessitano di cure particolari. Hanno bisogno di essere lucidate, pulite… che i tacchi mi si rovinano sui ciottoli. Insomma che mi farebbe comodo una persona che sa trattare certi materiali. “Ho una vasta collezione di décolleté e stivali.”, gli dissi. Misi le suole sulla sua faccia e gli chiesi di pulirmele. Immagino la sua vista, le mie belle gambe definite e avvolte nelle calze velate in contrasto con la suola lercia, la perfezione contro lo sporco interno del leccasuole. Il mio peso che spingeva sulla sua faccia. Gli infilai la punta della décolleté in bocca e spinsi il tacco a spillo sul suo petto. “Quando avrai ripulito questa, pensiamo anche all’altra scarpa”, dissi al mio tappetino umano. Poi mi sfilai le scarpe e gli feci pulire l’interno delle scarpe, dove talvolta appoggiavo il piede nudo sudato, che spesso crea delle macchie di sudore e polvere o quelli che chiamo io i grigoli.

Siamo rimasti d’accordo che si sarebbe preso cura della mia vasta collezione di scarpe e che ogni qualvolta avessi bisogno di un servizio di pulizia con lingua delle mie scarpe, stivali o ballerine, lo avrebbe fatto correndo da me a chiamata, anche post pioggia, con scarpe sporche di fango.

Shopping con la Padrona

Scritto da: Elvira Nazzarri

Avevamo appuntamento in San Babila per andare a comprare l’ennesimo paio di Louboutin nel pomeriggio, ero in taxi quando ho ricevuto una sua supplica: “Signora, dovrei prima andare a prendere un regalo per un mio amico, potrebbe raggiungermi da Lorenzi e poi andiamo a comprare le sue scarpe?”. Decisi che poteva essere una variante stuzzicante umiliare lo schiavo anche in un negozio di oggetti prevalentemente da uomo. Era in attesa fuori dal negozio e come ormai di consueto indossava un abito nonostante le temperature piuttosto alte, lo sa benissimo che in mia presenza non gli concedo di sfilarsi la giacca in nessun caso. Io indossavo un vestito blu e un paio chanelline abbinate e la mia cavigliera tennis di zaffiri e diamanti.

Appena entrati in negozio ha fatto intendere che fossi sua moglie, cosa che mi ha divertito molto, sapendo che avrei potuto subito svilire la sua mascolinità insinuando che fosse cornuto. Cercò di sbrigarsi sapendo che sono una persona molto volubile e sicuramente non mi fa piacere perdere tempo in faccende noiose come scegliere articoli regalo. Mentre si intratteneva con i commessi io passeggiavo svogliatamente per il negozio ad un certo punto mi girai e gli dissi ad alta voce, per farmi sentire bene da tutti i presenti: “Tesoro caro, hai visto questa scatola porta sigari, che ne pensi se la regalo al mio amante?”. Il commesso mi parve molto imbarazzato, il mio cavaliere invece non aspettava altro, adora il suo ruolo da cornuto. Si avvicinò e parlammo un pochino della mia passione per i sigari mentre mi indicava la sua erezione nei pantaloni, poi ci spostammo verso il bancone del negozio con gli articoli che stava scegliendo prima. Mi ha chiesto qualche consiglio, così ho deciso di far impazzire il commesso e fargli esporre tutti gli articoli simili in vari materiali, ovviamente nulla mi convinceva. Mi mostrai infine scocciata e decisi di far fretta al mio accompagnatore dicendo:” Suvvia, sbrigati, che dobbiamo andare a prendere le mie scarpe prima del mio weekendino fuori Milano!”. “Certo, faccio subito”, rispose prontamente e indicò al commesso un articolo a caso tra quelli esposti, ritirò il pacchetto e si affrettò a farmi strada aprendomi la porta. Camminando verso il negozio non smise di ricoprirmi di complimenti e deliziarsi di tutti gli sguardi degli altri uomini nei miei confronti. Che sia stato il vestito troppo leggero e il fatto che io non indosso quasi mai il reggiseno? Mah, chissà…

In negozio ha subito fatto presente alla commessa che cercava un paio di scarpe per sua moglie. Cominciò a propormi delle scarpe con il plateau, cosa che mi indispettisce a dismisura. Gli risposi:” Va bene tesoro che ho qualche amante, ma propormi delle scarpe da zoccola anche no!” La commessa mantenne un impassibile aplomb, però ha dato qualche sguardo alla sua collega. Cominciai a scegliere tra le varie décolleté, facendomele calzare dalle commesse, cosa che esaltava il mio accompagnatore. So quanto lo stuzzica vedermi accudita dalle giovani commesse. Il suo sogno sarebbe trovarmi un’ancella che si prenda cura di me 24/7. Cominciai a passeggiare davanti allo specchio ammirandomi e mi sfuggì un:” Zucchero, cosa dici, piaceranno al mio amante?” Sul viso del mio accompagnatore cornuto si è intravvisto un sorrisino di godimento, mentre le due commesse si sono scambiate uno sguardo complice. Continuai a fare battutine sulla sua scarsa presenza in casa e di conseguenza la mia necessità di farmi corteggiare da altri uomini, il tutto mentre decidevo la misura delle Iriza scelte. “Pensi che si sposino con la mia guêpière di La Perla? Sai che stasera ho un appuntamento galante!” Il mio accompagnatore estasiato non faceva altro che incassare e si limitava ad annuire. Abbiamo preso la misura 36 anche perché non avevano la mezza misura, restando con il timore che potessero sembrare delle scarpe imprestate visto il mio piede piccolo. Quando le commesse mi hanno allungato il pacchetto mi sono mostrata scocciata e ho subito esclamato:” suvvia datti una svegliata, prendi il pacchetto, non penserai mica che lo porti io? Che senso avrebbe altrimenti trascinarti con me mentre faccio shopping e ringraziami di avermi potuta accompagnare!” “Sì, divina moglie, grazie per questo onore!” Questa volta le commesse non si sono trattenute e hanno riso, facendo sentire il poveretto uno sfigato abusato dalla moglie, ma così tanto felice della sua condizione. Una volta fuori dal negozio l’ho fatto inginocchiare in pieno centro, con la scusa del cinturino della scarpa troppo lasco. Non esitò un secondo, però aveva capito che era una scusa per vederlo inginocchiato ai miei piedi.

Prima di salutarlo siamo andati in un bar vicino, salendo nella saletta di sopra di modo da avere un pochino di privacy. Era molto esaltato dalla situazione, gli ho allungato un piede sotto il tavolo. Mentre mi massaggiava il mio piede morbido e curato gli raccontavo come sarà bello usare queste scarpe pensando a quanto sia sfigato ad accontentarsi di regalarmele e sapermi usarle con altri. Gli ho anche ricordato che quando avrò consumato la suola abbastanza nelle mie cene con i vari amanti l’avrei richiamato per fargliele ripulire con la lingua, dentro e fuori dalla scarpa, tacco e suole comprese. Mi stavo allontanando quando si gettò a terra per baciarmi i piedi in un doveroso saluto, nello stesso momento vidi la testa del cameriere spuntare dalle scale. Appena ha notato cosa stava succedendo molto imbarazzato scomparì subito. Ho ricordato a Stefano:” Vedi, ti sei fatto beccare esattamente per quel che sei, un leccasuole, verme strisciante ai miei piedi! Non disturbarmi, ti chiamerò io, come sempre, quando non ho di meglio da fare. Tu rimani in attesa come un cane fedele, ormai lo fai da più di due lustri.”

Peccato che in pubblico non mi posso spingere oltre, ho troppe conoscenze, potrei essere vista dando vita a numerosi gossip nei salotti milanesi.

  • Dandling sensuale

Un bel ricordo…

Se mi legge la coppietta fetish di Vigevano, che ho incontrato tanti anni fa e alla quale ho dedicato un mio racconto… gradirei avere vostre notizie, ho perso i vostri contatti tempo fa!

Il prestito

Scritto da: Amos

Pubblicato da: Mistress Elvira

Quando anni fa concordammo il nostro contratto una delle clausole che accettai fu che sarei anche potuto essere prestato all’occorrenza. Una di quelle cose che in realtà non pensavo si sarebbe verificata e che si accettano con un po’ di leggerezza pensando che in fin dei conti non potrebbero mai succedere.

Mi sbagliavo…

Quando mi venne comunicato infatti chiesi alla mia Padrona se dicesse seriamente o mi stesse prendendo in giro per divertirsi e spaventarmi.

La risposta mi lasciò ammutolito: “Seriamente, ti pare che sia una che parla a vanvera?”

Chiesi allora se mi potesse dire qualcosa di più.

“Ho un amico con desideri diciamo “particolari” e siccome è una cosa che mi stuzzica e poi voglio accontentarlo ho pensato a te. Vieni giovedì alle 16 che ti presento”.

“Come a un amico? Ad un uomo? Io pensavo che se fosse verificata una simile eventualità sarebbe stata un’altra Padrona. Non può farmi questo, la prego..”

Nessuna risposta.

Seriamente preoccupato chiesi cosa intendesse esattamente per prestito. “Senti” mi rispose “ora non farmi innervosire, prestato significa che se gli va dovrai fare qualsiasi cosa ti venga ordinato. Quando hai firmato dovevi pensarci bene, posso prestarti a chi voglio ora è tardi per mettere paletti. Ci vediamo giovedì!” e riattaccò.

Tre giorni dopo mi presentai all’appuntamento. Citofonai con il cuore in gola per l’ansia di un incontro che non sapevo dove mi avrebbe portato. Erano due notti che non dormivo pensando a quello che sarebbe potuto succedere e si sa, di fronte all’ignoto la notte è in grado di dare forma alle paure più profonde.

“Sali!” Arrivato al pienerottolo trovai la porta socchiusa. Entrai e chiusi la porta alle mi spalle.

Percorsi il corridoio e arrivai nel soggiorno. Sul divano erano accomodati la mia Padrona e un uomo sui sessant’anni dall’aria distinta e vestito elegantemente.

La Padrona mi fece cenno di venire avanti poi mi fermò a circa due metri da loro che mi osservavano. Accompagnato da un gesto della mano mi ordinò di fare un giro su me stesso. Poi rivolgendosi all’uomo disse: “Che ne pensi?”. “Interessante” rispose l’uomo. “Vorrei però valutare anche più a fondo se possibile”.

“Ma certamente” rispose la Padrona “Siamo qui per questo…”.

“Nudo!” L’ordine arrivò secco come un proiettile.

Non mi ero mai trovato in una situazione simile con un uomo presente per cui l’imbarazzo che provai in quel momento fu qualcosa di difficilmente descivibile.

Nonostante tutto cercai di reagire e mi tolsi tutti i vestiti che riposi su una sedia al mio fianco.

Ora ero nudo di fronte alla mia Padrona e al suo amico che mi valutava facendo scorrere lo sguardo sul mio corpo. Mi sentivo senza difese.

“Mani dietro la nuca, gambe divaricate e stai immobile” mi intimò la Padrona. L’uomo osservò per alcuni secondi che mi sembrarono ore. Poi si alzò girandomi intorno tenendo le mani in tasca. Quindi chiese alla Padrona se poteva valutare con mano “la merce” disse.

Tiro fuori una mano dalla tasca e mi tastò i testicoli strizzandoli e tirandoli verso il basso. Poi con due dita mi prese il pene e lo scappellò. Lo spostò in diverse posizioni valutandone l’angolazione.

“Posso vedere anche il resto?” chiese rivolgendosi alla mia Padrona.

“Ovvio” rispose. “Forza schiavo girati, chinati e allarga i glutei che dobbiamo mostrare al nuovo proprietario quanto sei cagna”.

Eseguii l’ordine sentedomi sprofondare dalla vergogna. Si avvicinarono per verificare. Mi sentivo valutato come un oggetto al mercato, il mercato degli schiavi.

Quindi l’uomo mi venne di fronte e mi disse: “Apri la bocca!” e mi mise l’indice in bocca “Succhia troia”. Dopo l’indice mi infilò altre due dita muovendole ritmicamente avanti e indietro. Poi le sfilò di colpo e mi diede un ceffone.

Si spostò quindi alle mi spalle di fianco alla Padrona e mi infilò l’indice nell’ano. Ne saggiò la resistenza muovendolo avanti e indietro e poi facendolo roteare sulle pareti dello sfintere per allargarlo. Poi infilò altre due dita fino in fondo. “Muoviti avanti e indietro puttana, come se al posto delle dita ci fosse un cazzo”.

Quindi rivolgendosi alla mia Padrona “Avevi ragione, è bella sfondata, devo farti i complimenti per l’addestramento. Poi dopo se possibile vorrei fare altri test per portarla all’estremo ma direi che dal punto di vista anale ci siamo”.

“Continua a muoverti cagna, non ti ho detto di fermarti!” Eseguii umiliato.

Dopo qualche minuto l’uomo sfilò le dita dal mio ano e tornò ad accomodarsi sul divano.

“Mi sembra interessante, direi che ci sono le basi per prenderla al mio servizio” disse rivolgendosi alla mia Padrona.

Poi aprì la cerniera di una grossa sacca adagiata al lato del divano ed estrasse un lungo bastone alla cui estremità era fissato un grosso fallo di gomma.

“Vieni qui davanti, mettiti a quattro zampe e inarca il culo cagna!”. Quindi appoggiò il grosso fallo sul mio ano e dando un colpetto secco al bastone lo fece penetrare. Poi si alzò e tenendo con una mano il bastone si mise a camminare spingendomi. “Muoviti, andiamo a farci un giro, ora ti insegno come si porta in giro una cagna. Guai a te le te lo fai sfilare!”.

Spingendomi così mi portò in giro per l’appartamento. Ogni tanto spingeva a fondo per farmi accelerare, poi quando si fermava lo dovevo fare anch’io per non far sfilare il cazzo. 

“Bella questa idea” disse la mia Padrona “sembra una cagna telecomandata, hahahaha”.

Mi venne poi ordinato di mettermi a pancia in su sul tavolino di fronte al divano, ginocchia al petto e gambe aperte. Quindi venni nuovamente penetrato dal fallo con bastone. Ero di fronte ai di Padroni che comodamente seduti iniziarono a parlare del mio destino. Il Padrone continuava a reggere in mano il bastone.

“Senti” disse la mia Padrona “Allora pensavo di cedertela per un giorno a settimana per iniziare. E’ ben addestrata per tutti i lavori domestici. Se non dovessi soddisfarti puoi frustarla quanto ti pare, non mi interessa se me lo ridai segnata. Per il resto direi che la puoi usare come ti aggrada, l’addestramento da cagna fin’ora è stato fatto solo con cazzi finti ma ora è arrivato il momento che abbia a che fare con uno vero. Anzi che dici di iniziare subito?”

“Mi sembra un ottima idea Elsa”. Il Padrone si alzò per abbassarsi la cerniera dei pantaloni e tirò fuori il grosso cazzo svettante. Sfilò il bastone dal mio culo. “In ginocchio troia e vieni qui ad adorare il cazzo del tuo nuovo Padrone”.

Guardai la mia Padrona avvicinandomi in ginocchio e capii che era quello che voleva. Mi feci forza e presi il cazzo in bocca. Ricordandomi dell’addestramento al sesso orale fatto con falli di gomma cercai di fare del mio meglio. Lo leccai lungo tutta l’asta, poi intorno al glande, quindi facendolo scorrere in bocca fino alla gola muovendomi ritmicamente avanti e indietro.

“Brava zoccola, così prendilo tutto schifosa cagna” mi disse il Padrone prendendomi per i capelli. Poi sborrò inondandomi la bocca e la faccia.

“Ingoia tutto puttana e ripuliscimelo con la lingua!”.

Rimasi li in ginocchio di fronte ai Padroni mentre si ricomponeva.

“Molto bene Elsa, la prendo. Possiamo cominciare da lunedì?”

Il circolo vizioso della sottomissione

scritto da: Dasa

Pubblicato da: Elvira Nazzarri (ricordo ai cari lettori che i racconti sono espressioni di fantasia in prosa)

Sono sfinito, la fustigazione è stata estenuante. Oltre il dolore dei colpi, sono piegato dalla fatica delle contrazioni continue e inevitabili per tollerare il dolore. Mi slega e mi accascio a terra a faccia in giù. Vedo i suoi piedi al mio lato. Indossa delle scarpe con tacco altissimo e a punta. Oltre al laccio sulla caviglia, nulla.

Il piede è scoperto, è scalza e la caviglia è impreziosita da una cavigliera d’oro con delle perline incastonate a intervalli regolari. Si ferma davanti a me, volgo la testa nella Sua direzione e posso vederLa bene. Ha cominciato a frustarmi vestita e deve essersi spogliata nel frattempo. Ora indossa solo delle mutande in pizzo che lasciano intravedere il suo sesso. Il torso è nudo e posso solo tremare dall’emozione di ammirare il Suo splendido seno. Si muove ora dall’altro lato, dove non posso vederLa più, la sento avvicinarsi e poi sento la calze che si avvolge intorno ai miei polsi. Mi fa rotolare e mi colloca in posizione supina, siede a terra dietro di me, vedo la coscia destra sopra il mio viso e sento il tacco che si appoggia e poi spinge sul capezzolo.

Si avvicina ancora di più e sento il Suo pube appoggiarsi alla mia testa. Comincio a dimenarmi, stimolato dal tacco e dalla presenza sensuale dietro di me. La sento ridere della mia vulnerabilità, mentre mi afferra i capelli, si rialza e mi tira verso l’alto. Voglio vederTi godere per la Tua Padrona e mi libera i polsi. Mi fa giacere di nuovo, si erge sopra di me e poi con movimento lento e sovrano siede sul mio viso. È la più grande fortuna della mia vita che Le piaccia farmi godere così. Sento l’odore indescrivibilmente attraente del Suo sesso, la pressione sulle labbra, le dita afferrano i capezzoli e mi stimolano come solo Lei sa fare. Lunghi minuti al limite fra l’apice del piacere e il dolore. Un po’ più forte sarebbe intollerabile e sessualmente deprimente, un po’ meno la sofferenza sarebbe troppa per compensare l’eccesso di piacere. Su quell’equilibrio magico fra dolore e piacere poggia il Suo dominio totale su di me.

Mi tocco e accelero mano a mano che la stretta si fa più decisa, nel momento dell’orgasmo il dolore è al massimo e continua ancora per alcuni secondi fino a quando mi vede cedere e la stretta si fa carezza. Non ha più bisogno di farmi soffrire, ho perso la mia battaglia ancora una volta, il controllo è totale e ineludibile e sono uno straccio sotto di Lei. Mi ha rubato per l’ennesima volta tutta l’energia e da quel momento in poi, lo so sarà come sempre, fiaccato dalla frusta e dall’orgasmo, vagherò dimesso e umile in attesa delle Sue disposizioni. Dopo che mi ha punito e regalato il piacere, paradossalmente sono ancor più sottomesso. Il Suo sguardo appagato nel vedermi umiliato e vinto mi fa sentire, se possibile, ancora più sottomesso anche senza il vigore impetuoso del desiderio, in un’altra pacata e serena dimensione di schiavitù. Sono Sua proprietà e desidero solo che non mi faccia mai mancare il Suo dominio e che mi tenga docilmente ai Suoi meravigliosi piedi.

Una videochiamata a sorpresa…

Scritto da: Amos

Pubblicato da: Mistress Elvira

Era una fredda giornata invernale, fuori tutto grigio e uggioso. Sulla scrivania una tisana bollente.

Ero concentrato su una relazione che devo finire entro sera.

Poi il “plin” familiare della chat con la mia Padrona.

La apro con un filo d’ansia, non si sa mai cosa contengono i messaggi della Padrona, a volte sono normali conversazioni, altre volte ordini che non danno adito a repliche.

Questa volta tono del messaggio è del secondo tipo:

“Da ora mettiti completamente nudo e resta in attesa di altri ordini!”

Questo era uno degli ordini base, spesso la Padrona si divertiva a impormi questa condizione per tutta le giornata e, viste le temperature, è un tipo di imposizione molto impegnativa da sostenere.

Eseguii. poi dopo circa un’ora una nuova notifica:

“Mettiti sulla sedia a gambe aperte e infilati nel culo il manico di una scopa. Voglio che resti così fino a quando non dirò basta. E tieni il telefono a portata di mano che ti posso videochiamare in qualsiasi momento per verificare. Se non ti trovo come ordinato sappi che saranno dolori”.

Chiesi per quanto avrei dovuto rimanere così ma la risposta mi raggelò il sangue. “Posso essere 10 minuti come 4 ore, non ti è dato saperlo, devi solo eseguire puttana!”

“MI scusi Padrona, ma se nel frattempo avessi necessità di andare in bagno come faccio?“ Chiesi.

“Ora non cominciare con le tue noiose domande del cazzo, ti pisci addosso no? Anche perché se per caso chiamo e ti trovo senza bastone nel culo ti assicuro che tra le altre cose non mi sentirai per almeno un mese.”

Non mi rimaneva scelta feci come mi era stato ordinato.

Ero bloccato, impossibilitato a fare qualsiasi cosa e con l’incognita di non sapere per quanto tempo sarei dovuto rimanere in quella condizione.

In passato avevo già provato l’imposizione di plug anche per diverse ore che però, per quanto invadenti e fastidiosi, permettono sempre una possibilità di movimento. Questa imposizione invece è molto più limitante e non permette altro che attendere e riflettere su quanto profondo sia lo stato di sottomissione a cui si è stati indotti.

Mi ricordava molti video di bondage visti su insex.com su cui avevo fantasticato in cui una sottomessa viene immobilizzata e poi penetrata con pali metallici e poi lasciata così per ore ad attendere.

A questi pensieri mi eccitavo a ondate come una cagna, non solo in senso figurativo ma letteralmente, nel senso che sgoggiolavo a tal punto che il liquido prespermatico dalla pancia mi colava in mezzo alle chiappe.

Il tempo intanto passava e i momenti di eccitazione si alternavano ad altri in cui accusavo la durezza di quella condizione. Il freddo, la fatica del non poter cambiare la posizione e la dilatazione dell’ano con il bastone che non lasciava tregua.

Ormai era passata quasi un’ora e mezza e il pensiero della Padrona insensibile alla mia condizione che nel frattempo era presa da altre faccende mi faceva sentire profondamente sottomesso e umiliato.

Pensavo anche alla soddisfazione che poteva provare nel sapere che io ero li bloccato così come lei aveva disposto sapendo che poteva verificarlo schiacciando semplicemente un tasto.

Fu in quel momento che il telefono squillò. Attivai la telecamera, la Padrona era per strada.

“Forza inquadrati e fammi vedere”. Allontanai il telefono per permetterle una visione d’insieme. “Molto bene, ti piace allora questo trattamento da cagna?”.

Si Padrona risposi, anche se è molto dura stare così a lungo.

“Hahahahaha, bene allora visto che stai godendo come una puttana, dato che ho notato che sei fradicia in maniera imbarazzante, te ne stai ancora così. Ora sto andando a pranzo con Stefano e Greta. Ti richiamo.”

Rimasi di sasso, pensavo che dopo la chiamata sarei stato liberato invece mi toccava stare ancora così per chissà quanto tempo. Pensai che poi avrei dovuto lavorare fino a notte fonda per recuperare. Ripensai anche a quello che mi aveva appena detto la Padrona e rabbrividii al pensiero che avrebbe anche potuto chiamarmi mentre era a pranzo con quelle persone. Mi venne in mente che qualche mese prima mi aveva raccontato di una certa Greta, una dominante con cui era uscita per un aperitivo insieme ad uno schiavo di nome Stefano. Ricordavo anche del racconto di come si erano divertite a umiliare pubblicamente lo schiavo durante la serata. La cosa mi aveva eccitato ma anche spaventato immedesimandomi nell’imbarazzo di una situazione simile.

Perso in questi pensieri passò un’altra ora ed ero letteralmente stremato. Erano le 13,15 e squillò nuovamente il telefono. Risposi tremando vista l’ora, sapendo che la Padrona era in compagnia di altre persone.

“Rieccomi…. fammi vedere…” Come fatto in precedenza allontanai il telefono mostrando il mio corpo e il bastone infilato nel culo. “Ottimo. Senti sono qua con Greta e raccontavo di te… sai, stavo pensando di prestarti…” Rimasi ammutolito.

“Forza mostrati, allontana il telefono” vidi che passava il telefono alla donna la quale osservò con interesse mentre mi inquadravo.

“Avevi ragione cara, è proprio una vera cagna”.

Poi si rivolse a me: “ Da quanto sei così, schiava?”. “Da quasi tre ore Signora” risposi sovrastato dal senso di vergogna e imbarazzo.

“Noto che sei tutta bagnata… il che mi dice non ti dispiaccia essere trattata così… cosa positiva visto che mi verrai prestata. Sai, stavo cercando da un po’ una puttanella sottomessa per far divertire un mio caro amico bull insaziabile e mi sa che finalmente l’ho trovata”.

Riprese in mano il telefono la mia Padrona: “Hai sentito quindi? Verrai prestata! E su questa cosa non voglio sentire storie, da contratto mi spetta di diritto. Ora puoi togliere il bastone da quella fica fradicia e slabbrata e rivestirti. A più tardi”…

Abusato dalla Mistress

Scritto da: Kobar

Pubblicato: Elvira Nazzarri

Dopo il primo trattamento con la sex machine aveva programmato un secondo incontro. La mistress gli aveva spiegato che ogni incontro avrebbe avuto un tema e un conseguente esercizio.
Oggi avrebbero trattato la disponibilità.
Lo fece spogliare e mettere a 4 zampe con le natiche rivolte verso il fallo montato sulla macchina. Infilò un guanto. Erogò del gel sulla mano e cominciò con un dito a seguire i bordi dell’ano. Era evidentemente un ano dilatato da pratiche di vario tipo che non aveva estremo bisogno di trattamenti specifici.
Ma lei amava sottolineare il risultato del suo lavoro. Dopo aver disegnato più volte i contorni fece scivolare l’indice all’interno dello sfintere, lentamente lo ritrasse per farne scivolare 2 e poi 3… come a dire..” non c’è differenza.

Sistemò lo schiavo tenendolo per i fianchi facendo quasi aderire la cappella di latice all’ano semi-dilatato.

Poi con un cordino isolò’ lo scroto dal resto dell’apparato genitale e lo legò alla sex machine.
“Vedi mio caro. Ora comincerò a pomparti lentamente e tu non dovrai spostarti in avanti. Altrimenti metterai in tensione la corda e le tue palle faranno stretching..

All’inizio ti sembrerà facile ma man mano che monterò cazzi più grossi sarà poi’ importante che tu accresca la tua disponibilità. Ti consiglio di prevenire l’eventuale resistenza imponendoti l’ immobilità, anzi spingendo per farlo entrare e soprattutto spingendo lo sfintere alla massima dilatazione…
Ti suggerisco anche d’inarcare un po’ come una cagna ghiotta di cazzo.”
……
Erano passati 20 minuti e la Mistress era già passata a un secondo calibro.
Lo scroto dello schiavo aveva già preso un colore rosso-bluastro.
“Vedi? Hai capito subito cosa mi aspetto da te.. d’altronde i tuoi sfinteri equivalgono a una fica di media capienza e tutte quelle goccioline di precum che hai perso mi confermano quanto cagna sei.
Ma ora passiamo a qualcosa di più serio.”
Montò un cazzone che somigliava a quello di Rocco Siffredi.
Poi disse :” ora facciamo un gioco diverso. Ti allontano un po’ così l’inizio della corsa avviene fuori dal tuo culo. Ovvero il cazzo oltre a essere abbondante uscirà completamente per poi rientrare ed è quello il momento più difficile da gestire”…
Fu un addestramento da cagna epico…quando non riusciva a farlo scivolare subito dentro gli sembrava che lo scroto si staccasse…quando rimaneva perfettamente rilassato e proteso, il fallo entrava pompando aria che poi usciva rumorosa perché non trattenuta. Con commenti sarcastici e umilianti della mistress.
Ma l’orgasmo fu il momento più difficile perché la contrazione impedì un totale rilascio dello sfintere con conseguente dolore da scroto allungato… seguito da relax e conseguente espulsione dell’aria pompata.
“Più che una sborrata mi sembra una pisciata gli disse.. non hai più muscoli della vescica, sfinteri e resto ..sei proprio sfondato…. ma mi piaci così.”

Nonostante piangesse lei lo lasciò così per 10 minuti col grosso cazzo dentro e i testicoli ormai blu mentre si divertiva a filmare col telefonino le sue lacrime e la sua richiesta di pietà, sfregandosi il sesso attraverso il pantalone.