I racconti di Mistress Elvira

Addobbi natalizi

Scritto da: Elvira Nazzarri (ricordo ai lettori che un racconto è  l’espressione di fantasie in prosa)

Era una tarda mattinata di sabato in prossimità alle festività natalizie, si respirava un clima rilassato e di pigrizia generalizzata. Kairos si stava facendo la barba nel suo loft milanese, quando sullo schermo del suo smartphone apparve la notifica di un messaggio da una persona molto importante, la sua Padrona. Secondo il loro accordo aveva un minuto per rispondere senza rischiare punizioni, per questa ragione lui e il suo device divennero un tutt’uno. Il contenuto del messaggio era conciso:”Presentati entro le 11.30 per fare l’albero di Natale.” Lo trovò strano, perchè la sua Padrona non è decisamente il tipo di persona euforica per le feste e tanto meno una da preparativi particolari, tuttavia si vestì il prima possibile e corse da lei.

Arrivò abbondantemente in tempo al grande casolare fuori Milano dove la Padrona viveva con alcuni suoi prediletti. Fu accolto dal maggiordomo, che lo accompagnò al cospetto della Padrona, ovviamente non dall’entrata principale, riservata alla Padrona e suoi amanti, amici e amiche.  Mentre attraversava i “piani poveri”, perché le cantine e il piano di sotto erano riservate alla servitù divisa in caste, naturalmente all’esterno c’erano anche le stalle per gli indisciplinati e novizi.  Camminando vide con la coda dell’occhio Dasa nervoso e scalpitante ai fornelli nella grande cucina. Si respirava un’atmosfera frenetica e tesa. Pian piano percorrendo le varie stanze e corridoi per raggiungere la sua Padrona incontrò altri schiavi nudi con i piedi legati alle caviglie e polsi stretti dalle polsiere a far pulizie frenetiche nel corridoio e altri ancora a sistemare luci e vassoi colmi di frutta e dolciumi. Pensò quindi che la sua Padrona stesse preparando un evento, di quelli che piacciono a lei, una festa mondana con i fiocchi. Arrivò nella sala annunciato dal maggiordomo. La sua Padrona era seduta su uno schiavo, che le stava facendo da sgabello, i piedi adornati da favolose scarpe con tacco a spillo lucente li aveva piantati nella pelle di un tappeto umano formato da un’altro suo servo. Era vestita di tutto punto in nero, sexy ed elegante. Tubino in pelle attillato che faceva intuire un intimo in pizzo, calze con riga ultra velate, guanti lunghi e coprispalla in visone. Capelli raccolti e rossetto fiammante. Affianco a lei in piedi c’era Amos, che reggeva tra le mani una scatola in cuoio molto grande e un frustino in bocca stretto tra i denti. Anche lui rigorosamente nudo, con cavigliere e polsiere a impedire movimenti sciolti, la condizione di schiavo deve essere sempre presente nella mente anche attraverso queste piccole costrizioni e vincoli. Kairos diede una veloce occhiata alla stanza, oltre alla Padrona e i suoi mobili umani c’era una lunga tavolata già imbandita, però mancava il famoso albero da addobbare…  arrivato a due metri dalla padrona si fermò, si mise con il petto eretto e le disse: “Eccomi quì, come avevi chiesto, mia Padrona”, con mani dietro la schiena e mezzo inchino come si addice a un servo devoto.

La Padrona si alzò, camminò verso di lui, si fece allungare un collare dal maggiordomo e lo mise bello stretto al collo di Kairos: “Ora hai un minuto per spogliarti, uno schiavo non si presenta vestito dinanzi alla sua Padrona!” Gli tirò un sonoro schiaffo in faccia per la sua insolenza. Kairos cominciò goffamente a spogliarsi in fretta osservato da tutti gli altri presenti in sala. Una volta nudo si mise in posizione d’attesa, gambe divaricate, mani dietro la nuca, come l’aveva addestrato la Padrona. Lei lo guardò scocciata e gli diede un calcio nei testicoli ben piazzato che lo fece piegare su se stesso e cadere al pavimento. “Ecco ora sei nella posizione adeguata a te, verme strisciante.”, gli disse ordinando al maggiordomo di far sparire i suoi indumenti. Trascinò Kairos al guinzaglio sul pavimento sino all’angolo della stanza e si fermò. Kairos vide un gancio pendere dal soffitto e una cosa abbastanza ingombrante celata da un telo adagiata sul pavimento.

La Padrona lo fece alzare a suon di scosse elettriche nel sedere e nei testicoli. Chiamò Amos che le portò la grande scatola custodita tra le mani, lei la aprì e prese delle polsiere per legare Kairos al gancio pendente dal soffitto.  Kairos cercò di non opporre resistenza, la Padrona irritata diventa molto vendicativa. Cercò di allungare l’occhio per vedere il contenuto della scatola ma scorse solo delle grandi palline di metallo e numerose mollette. In breve tempo si ritrovò con una gagball rossa nella bocca, scomoda e grande, cosicchè era praticamente impossibile non sbavare. Sentiva la bocca forzatamente aperta e ciò lo faceva impazzire, le costrizioni di varia natura sono la prova della supremazia della sua Padrona e la resa del suo corpo offerto alla sua carnefice. La Padrona guardò Kairos dritto negli occhi e cominciò accarezzargli i capezzoli in modo sensuale, poi di colpo li afferrò con forza e li strizzò procurandogli un brivido secco di dolore. Prese delle clamps con piombi molto pesanti a forma di stelline con strass lucenti e glieli applicò ai capezzoli. Poi prese dei pesi a forma di grosse palline colorate e glieli legò ai testicoli. Kairos sentiva la forza di gravità sui suoi gioiellini e sui capezzoli, questa sofferenza fisica lo esaltava e si fece notare. Così la padrona prese un grosso fiocco di porpora rossa e glielo applicò proprio lì! Tuttavia lei non aveva ancora terminato, nella scatola c’erano ancora numerose mollette che aveva disposto sul corpo dello schiavo facendoci passare le luci natalizie. Kairos si sentiva molto umiliato dinanzi agli altri schiavi ma certo non poteva immaginare che gli sarebbe toccata una punizione ancor più severa. La Padrona sollevò il telo dal misterioso oggetto che aveva colpito Kairos all’entrata nella stanza. Era un triangolo, una specie di gogna per immobilizzare i piedi con al centro un grosso palo. Kairos così in pochi istanti si ritrovò immobilizzato a forma di albero, con le braccia protese in alto, le gambe divaricate in fondo e un grosso palo ficcato nell’ano a renderlo davvero immobile. Anche perché ogni singolo movimento con quel palo su per il culo produceva dolori e bruciori notevoli. I pesi gli allungavano i capezzoli e i testicoli. Per finire la padrona accese un grosso cero e ordinò ad Amos di accucciarsi ai piedi dell’albero, gli salì addosso usandolo come scaletta, piantandogli i tacchi nella pelle e fece colare un pò di cera sui palmi di Kairos prima di posizionarci il cero.

“Bene ragazzi, adesso siamo pronti per ricevere gli ospiti a pranzo. Sapete cosa fare! E tu Kairos non sbavarti addosso!!!”, disse la padrona soddisfatta facendo sparire di corsa gli schiavi dalla sala. Dovevano correre a prepararsi per apparire di seguito come camerieri personali di ciascun ospite della tavolata.